Cascina degli Ulivi, una delle prime realtà agricole in Italia a praticare l’agricoltura biodinamica, si trova a Novi Ligure, in provincia di Alessandria. Enologicamente parlando ci troviamo tra le doc del Gavi e del Monferrato. Sempre enologicamente parlando credo siano in tanti a conoscere questi vini di grande carattere e sempre estremamente rigorosi: dal Dolcetto al Gavi, dal Monferrato bianco agli ultimissimi nati, il Bellotti bianco (Cortese in purezza) e il Bellotti rosso (uvaggio di Barbera e Dolcetto) che escono con l’etichetta Semplicemente Vino. Sono forse meno le persone che conoscono questa realtà agricola multiforme e complessa: i campi in cui si coltivano antiche varietà di grano tenero (il Verna, il Gambo di ferro, il Gentilrosso o Tosella, l’Autonomia, il Frassineto.) e il farro monococco, l’orto e il frutteto, l’allevamento di animali da bassa corte (galline e anatre) e di bovini.
Per chi vuole riscoprire il sapore del cibo vero una tappa a Cascina degli Ulivi è indispensabile, tutti i prodotti della loro terra vanno infatti a rifornire le cucine dell’agriturismo dove si può gustare la cucina tradizionale piemontese in un ambiente semplice ed accogliente con gandi vetrate che aprono sulla corte e sul bosco. Cascina degli Ulivi è un’idea messa in pratica. Un’idea di biodinamica in cui l’azienda agricola è vista come una parte di quell’insieme vivente costituito dalla terra e dagli organismi viventi che la popolano, un’azienda agricola a tutto tondo dove si coltivano diversi prodotti sia per l’autoconsumo che per la vendita. In questa situazione anche il vino non poteva che trovare la propria collocazione in appezzamenti di terreno ideali, ad esempio su quel colle chiamato Montemarino dove crescono sia il cortese (l’uva a bacca bianca che dona il Gavi) che il nibio, un’interessante varietà di dolcetto. Il vigneto più vecchio supera i 100 anni di età, ma ancora oggi è un vigneto sano con poche fallanze e in grado di produrre una giusta quantità di uva. “La vite è una pianta praticamente eterna, è solo perché la coltiviamo che muore dopo un certo numero di anni. Ma ovviamente dobbiamo arrivare al giusto compromesso…
Oggi il vigneto viene considerato un investimento per 30 anni, un tempo impiantare un vigneto era un investimento per le generazioni future – ci racconta Stefano Bellotti, titolare di Cascina degli Ulivi – l’uva che da un vigneto che ha superato i 30 anni è di qualità diversa rispetto a un vigneto giovane, ma oggi a quell’età i vigneti spesso vengono estirpati”.
La longevità e la salute di questo vigneto, ma anche di altri non atrettanto vecchi, dipende da diversi fattori, non ultimo il fatto di non essere mai stato spinto oltre le proprie capacità produttive con una coltivazione invasiva. La cura del vigneto con la biodinamica è volta a rinforzare il sistema vitale che creano la pianta e l’ambiente nel massimo rispetto delle capacità di entrambi. E per Stefano Bellotti dare alle viti la possibilità di esprimere al meglio il proprio terroir è davvero importante; egli è tra le altre cose il referente italiano dell’associazione Renaissance des Appellations, associazione internazionale di produttori biodinamici nata da un’idea di Nicholas Joly e oggi molto attiva e vitale anche in Italia.
Esprimere il terroir… basta assaggiare i vini di Cascina degli Ulivi per rendersi conto di cosa questo significhi: le differenze tra le annate, ma anche tra i diversi appezzamenti di terreno o tra le diverse esposizioni, tutto si trova nella bottiglia. Nei propri vini Stefano Bellotti non ha mai fatto uso dei lieviti selezionati, ovviamente e sta lavorando da anni per ridurre o eliminare l’aggiunta di anidride solforosa. Le motivazioni sono tanto semplici quanto inquietanti: l’anidride solforosa aggiunta in grandi quantità è necessaria solo se partiamo da uve che hanno problemi, così Bellotti sul sito di Cascina degli Ulivi: “La solforosa ha due funzioni. La prima è quella antibatterica per cui si usa sui mosti, sulle uve e sul pigiato. Con la gestione igienica e di buon senso della vendemmia e la raccolta delle uve a maturazione ottimale si può tranquillamente fare a meno di questi additivi. L’altra funzione dell’utilizzo della solforosa (la legge italiana prevede fino a 220/mg–litro, il disciplinare Aiab fino ad 80 ml /litro) è quella antiossidante e qui abbiamo due strade per non utilizzarla. Uno ad impronta fortemente tecnologica che prevede una vinificazione in riduzione spinta coadiuvata da sprechi energetici (temperatura controllata), grossi investimenti e tutta una serie di additivi, quali lieviti enzimi e vitamine di origine industriali. In questo caso spesso mi viene da dire: “ridateci lo zolfo” perché l’artifizio è tale, ed il rischio insito nell’uso di additivi così incerto e poco conosciuto da preferire senz’altro bassi dosaggi di solforosa. Oggi infatti non sarebbe difficile, con una vinificazione corretta andare in bottiglia con dosaggi di solforosa totale inferiori ai 40/50 mg litro. Con questi dosaggi prima che faccia male la solforosa uno sarebbe già ubriaco fradicio perché ci vorrebbero almeno due litri di vino.” I vini che escono da questa cantina sono adatti a durare nel tempo, anzi, è nel tempo che molte volte affinano le proprie qualità e il proprio carattere. Ancora una volta una differenza rispetto al vino usa e getta che il Mercato richiede oggi ai produttori. Vi invito a leggere, se non l’avete già fatto, i risultati della degustazione di Dolcetto che si è svolta proprio a Cascina degli Ulivi e ad assaggiare questi vini con calma, a tavola, lasciando loro il tempo di apririsi e di raccontarsi. Anche in questo esprimono la propria essenza: hanno bisogno di tempo…