vini, persone, territori, tradizioni

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Chianti Classico 2007 – La Porta di Vertine

La Porta di Vertine, Chianti Classico riserva 2007 biologicoLa Porta di Vertine ci regala un altro vino paradigmatico, capace di riassumere in sé un territorio e un vitigno ma soprattutto una storia. Il Chianti Classico di questa cantina non ha nulla a che vedere con l’omologazione che caratterizza buona parte del pianeta del “gallo nero”: è un sangiovese autentico (la collaborazione di Giulio Gambelli alla sua realizzazione non è casuale), figlio di terreni vocatissimi – in parte sassosi in parte argilloso-calcarei, posti a 500 metri circa sul livello del mare – che nel caso di questo 2007 ha affrontato un periodo di 65 giorni di macerazione. L’impostazione classica e curata ci consegna un vino di grande pulizia e godibilità, forte di un equilibrio non forzoso e di una capacità evocativa che vorremmo riscontrare più spesso nei prodotti di questo territorio e in tutta la Toscana.

Colore rosso rubino netto e luminoso. Naso fresco, ricco e articolato, di grande nettezza. Accoglie con una viola mammola in bella evidenza, sentori floreali di rosa e ciclamino che vengono rincorsi da note speziate e terrose. Non perde nulla in termini di tensione neanche dopo una sosta nel bicchiere. In bocca è teso, tonico, nervoso. La continuità gusto-olfattiva è esemplare, i ritorni sono caratterizzati da una pulizia estrema. Tannino robusto ma bilanciato, alcolicità presente ma ben convogliata. Arriva fino in fondo con una progressione energica e lunga. Discretamente persistente. Già molto bevibile, anche se darà il suo meglio più avanti anche in termini di fruibilità.

Abbinamenti consigliati: come ogni sangiovese della tradizione, è un vino in grado di reggere il confronto con i piatti più strutturati e impegnativi. Accompagnatelo quindi a primi a base di carne o anche selvaggina (pasta all’uovo con sugo di lepre o al cinghiale), cacciagione e carne ovina, ma anche con una faraona ripiena. Scontato ma inevitabile l’accostamento a una fiorentina.

Recensione a cura di Marco Arturi

 

 

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