vini, persone, territori, tradizioni

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I bianchi macerati, terza tappa

Terza tappa di questo filone, orange wine come amano chiamarli gli americani, ospiti di quella bellissima cantina che è La Stoppa di Rivergaro (PC).

E’ Giulio Armani che ci accoglie, ci guiderà per tutta la giornata, e, non ultimo ci farà assaggiare, a fine degustazione dei macerati, qualche vecchia annata de La Stoppa.

La degustazione dei bianchi macerati alla Stoppa

Azzeccati i cibi serviti con i vini, dalla pancetta con un anno di affinamento, alle crepes di verdure, ai formaggi stagionati ma non troppo.

A Giulio, e a tutto lo staff de La Stoppa, i nostri ringraziamenti.

Prima cosa che è uscita da tutte le degustazioni è che i queste bottiglie danno il loro meglio con un affinamento lungo, o meglio, più è lunga la macerazione, più il vino ha bisogno di tempo per esprimersi al meglio.

Come evolvono in bottiglia? L’evoluzione di questi vini assomiglia più a quella di un rosso, che a un bianco. La cosa può parere strana, ma neppure troppo. La macerazione estrae le sostanze contenute nelle bucce sia si tratti di uve rosse che bianche e queste sostanze abbisognano di anni per terziarizzare.

orange wine, il colore del bianco macerato

Altra piacevole constatazione è la sparizione di note olfattive dovute alla surmaturazione delle uve. L’albicocca secca, il dattero non compaiono più nello spettro olfattivo dei vini, almeno come carattere unificante. Una maggiore freschezza esce da tutti i giovani assaggi, segno che si sta aggiustando il tiro sia in vigna che in cantina.

Sono tutti vini estremi? No, assolutamente no. Piuttosto che vini estermi, preferiamo chiamarli vini “che recuperano la tradizione contadina”.

Dai colli piacentini, dove si è tenuta la degustazione, alla Liguria, dal Friuli Venezia Giulia alla Toscana, nelle Isole e nel sud è tradizione (spesso ancora vivente nelle case contadine dove si producono vini per consumo famigliare) la macerazione sulle bucce delle uve a bacca bianca, vuoi per facilità di produzione, vuoi per maggior durata del vino.

Concludiamo con un piccolo consiglio: non aprite bottiglie di bianchi a lunga macerazione prima di 5 anni compiuti dalla vendemmia, fatevi una scorta in cantina per farli durare almeno un paio di lustri. Complessità  e bevibilità vanno perfettamente d’accordo con un lungo invecchiamento.

Le bottiglie assaggiate

Veniamo agli assaggi:

Mantonicoz, L’Acino, 2008 (mantonico)

Breve macerazione (6 giorni) sulle bucce per questa bellissimo autoctono calabrese. Parte in sordina, poi escono tutte le sue qualità, potenza e finezza, beva e sostanza, estrema pulizia olfattiva. Già complesso nonostante la giovinezza estrema. Potrebbe diventare uno dei grandi bianchi italiani.

Coste di Riavolo, San Fereolo, 2006 (riesling-gewurtztraminer)

Breve macerazione (5 giorni) per questo vino di Nicoletta Bocca, molto espressivo sin da subito, per poi però calare alla distanza, sedendosi nel bicchiere. Naso con note molto fresche di menta e basilico, in bocca il frutto è piuttosto maturo, con un bel “grip” sapido per bilanciare, ma chiude leggermente corto.

Girgis, Guccione, 2008 (catarratto)

Estremamente giovane, troppo. Eppure lascia intravedere belle cose, grande sapidità, da riassaggiare lasciata trascorrere l’estate.

Saharay, Porta del Vento, 2008 (catarratto)

Il più colorato di tutti i vini (ambra netto), qui le note macerative sono decisamente (pre)potenti: spezie (chiodo di garofano), tè nero, legno di sandalo…in bocca un fondista: quasi magro all’apparenza, ma di enorme sapidità, quasi salato, e di corsa lunga.

Iscadoro 2008 di CaseBiancheIscadoro, Casebianche, 2008 (fiano-malvasia-trebbiano)

Altro vino giovanissimo, eppur già dotato di un suo equilibrio. Un po di idrocarburo in partenza, poi i fiori secchi. Buona acidità, beva facile. Un bel futuro davanti.

Antece, De Conciliis, 2004 (fiano)

Partenza gassosa-idrocarburica al naso, poi esce una speziatura “chiara”, di pepe bianco e zenzero. Bocca concentrata, piena di materia, ancora giovanissima; esce nel finale perfino una punta tannica (inusuale nei fiano da macerazione, infatti anche il Don Chisciotte, che passa 60 giorni sulle bucce, non presenta sensazioni tanniche evidenti). Bello il dialogo appunto col Don Chisciotte: alcuni tratti comuni riconducibili alla varietà, ma tra alta Irpinia e Cilento c’è un bello stacco territoriale.

 

Don Chisciotte 2006 del TufielloDon Chisciotte, Il Tufiello, 2006 (fiano)

Bella prova di Guido Zampaglione. Eleganza al naso e in bocca, apre su note speziate, mediterranee, chiaramente riconducibili al vitigno. facile da bere, un poco meno da abbinare ai cibi. A maturità compiuta potrebbe diventare un fiano di riferimento.

Carat, Bressan, 2004 (tocai-malvasia-ribolla)

Potente eppur fine, contadino nel suo migliore abito. Sussurrato ma molto complesso il naso, segno che qua il blend arricchisce senza appiattire. Beve coinvolgente, grande mineralità, ottime potenzialità di evoluzione.

Trebez, Dario Princic, 2006 (pinot grigio-chardonnay-sauvignon)

Apre su note agrumate, tra arancia e mandarino, poi spezie, buccia di limone, un poco di catrame vegatale. Naso calendoscopico. In bocca è altrettanto complesso eppur di beva molto coinvolgente. Grande equilibrio e grande evoluzione prevista.

Baccabianca, Tenuta Grillo, 2005 (cortese)

Guido Zampaglione in versione nordista. Un vino con lunga macerazione e lungo affinamento in legno. Spezie, fiori essicati, un po di legno al naso. Bocca non proprio freschissima, opulento, leggermente tannico.

Dinavolo, Denavolo, 2008 (malvasia-ortrugo-marsanne)

Duro, giovanissimo. Complesso. Mi ricorda l’Ageno 2002 alla sua uscita. Tra 10 anni sarà uno splendido vino.

controetichetta dell'Ageno 2002Ageno, La Stoppa, 2002 (malvasia aromatica di Candia-trebbiano-ortrugo)

Naso freschissimo, ipnotico: una pianta di salvia cresciuta dentro al bicchiere…incredibile la definizione di quel descrittore; in bocca una coerenza esemplare, tannico senza mezzi termini, ma in modo gentile, armonico, con una dolcezza di frutto di fondo che equilibra il tutto. Ed una beva da seccarsi la bottiglia da soli.Peccato sia praticamente esaurito vista la piccola produzione. Se ne aprite una bottiglia tra 5 anni, invitatemi.

Dinavolo, Denavolo, 2006 (malvasia-ortrugo-marsanne)

Qua si comincia ad intravedere il vino che sarà. Apre su note un filo medicinali, poi gli agrumi e le spezie della malvasia. In bocca è decisamente tannico, potente,  struttura imponente ancora da amalgamare.

Solea, Roagna, 2003 (chardonnay-nebbiolo)

Chardonnay di Langa raccolto a piena maturazione con un piccolo saldo di nebbiolo vinificato in bianco per donare acidità. Giovanissimo, già piacevole, anche se non di facile abbinamento. Se ne avete in cantina muratelo, tra 10 anni potrebbe sorprendervi è, come tutti vini di Roagna, adatto a lunghissimi invecchiamenti.

Amphora 2003 del Castello di LispidaAmphora, Lispida, 2003 (tocai)

Ecco un altro vino che si sta avviando verso la maturità. Ha smussato buona parte dei suoi spigoli, le note agrumate giovanili sono ormai fuse con quelle speziate, con il passar del tempo esce l’albicocca secca. Buona la beva, evolverà ancora e bene.

Ageno 2005, La Stoppa (malvasia aromatica di Candia-trebbiano-ortrugo)

La maggior percentuale di Malvasia Aromatica di Candia rispetto al 2002 si avverte. E questa malvasia è una brutta bestiaccia da trattare. Ora comincia ad essere interessante, le note agrumate, la salvia, la spezia orientale chiara netta. Beva facile, nonostante la struttura imponente, tannino ancora da integrare. Raggiungerà la maturità compiuta tra almeno un lustro, durerà molto di più, a patto non lo beviate prima.

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