Apre giovedì 19 gennaio alla Cineteca di Bologna la rassegna “Serate di Cinevino” curata da Jonathan Nossiter che in tre week end (ultimo appuntamento il 5 febbraio) presenta 10 film abbinati ai vini di altrettanti produttori vitivinicoli. La selezione dei vini rispecchia i principi che abbiamo ritrovato nel suo film del 2004 Mondovino: 10 produttori che hanno scelto la strada del naturale, 8 italiani, un francese e un portoghese. I produttori vitivinicoli e i registi saranno presenti in sala per raccontare il proprio lavoro, un modo nuovo di avvicinarsi al vino e alla cultura.
La rassegna è ricca di film e vini. I protagonisti i queste serate saranno (in ordine di apparizione): Giampiero Bea, Angiolino Maule (La Biancara), Alberto Carretti (Podere Pradarolo), Camillo Donati, Ezio Cerruti, Elena Pantaleoni (La Stoppa), Dario Princic e Stefano Bellotti (Cascina degli Ulivi).
Nella presentazione del programma Nossiter conclude così: “Il filosofo francese Michel Serres sostiene che nei secoli passati l’intelligenza per capire dove il mondo stava andando si trovava nelle città, mentre i contadini erano piuttosto ignoranti. Dice che oggi è il contrario: chi abita in città non capisce più nulla, mentre è il contadino che è capace di intuire dove potremmo o dovremmo andare.” Spinti dalla voglia di saperne di più, gli abbiamo fatto qualche domanda.
Sorgentedelvino.it: Come ti sei avvicinato al mondo del vino?
Jonathan Nossiter: Mio padre era giornalista a Parigi all’inizio degli anni Sessanta, i miei genitori non erano intenditori ma gli piaceva il vino buono e allora in Francia i grandi vini erano accessibili anche alla classe media, non erano considerati come ora un bene di lusso. A 15 anni ho iniziato a lavorare nei ristoranti, mi piaceva molto avere a che fare con il vino e servirlo. Poi a New York, mentre studiavo greco antico, ho preso il diploma di somellier e lì a 20 anni ho iniziato a fare le carte dei vini per i ristoranti. Continuo a farlo anche oggi per passione anche se mi sono guadagno la vita come cineasta.
Sorgentedelvino.it: Questa rassegna che unisce cinema e vino rappresenta quindi molto bene la tua vita. Da cosa è nata l’idea?
Jonathan Nossiter: Mi sembra che si debba trovare un altro modo per parlare pubblicamente del vino. L’idea di base di questa rassegna, nata in collaborazione con il direttore della Cineteca Gianluca Farinetti, è di togliere il vino dalla scatola di discorso morto o chiuso tra intenditori per portarlo al grande pubblico. La disinformazione anche sul vino è enorme, chi sa difendersi è chi si prende un po’ di tempo per informarsi, in internet ad esempio si trovano molte informazioni, ma il grande pubblico non sa difendersi. Ho scritto un libro in cui si denuncia il linguaggio orwelliano usato per parlare del vino, sono parole di potere, di esclusione. Quando si sente parlare un vignaiolo invece non usa mai queste parole, da molti anni faccio il giro del mondo ascoltando vignaioli ed è davvero un grande piacere! Speriamo che vada bene anche in un cinema dove un vignaiolo davanti a un pubblico di persone venute per vedere un film, che si crei uno scambio. Per un pubblico bolognese sentire la voce di un vignaiolo non in un contesto di degustazione professionale può essere davvero un’esperienza nuova e interessante. Chi vive in città in Italia è ancora molto più legato ai contadini di chi vive in città negli Stati Uniti o in Brasile, i legami sono ancora stretti, ma il ritmo di vita di noi tutti è diventato talmente pazzo che siamo tagliati fuori dalla campagna a livello affettivo. Questo è il mio percorso, è il mio impegno nel mondo, sono un cineasta e porto i miei preconcetti, giudizi e piaceri personali, la verità è la mia soggettività che porto con forza, non la vera verità.
Sorgentedelvino.it: presentando la rassegna hai scritto che con queste serate vuoi prenderti (e offrire) il piacere di discutere con il regista e un viticoltore “per affrontare insieme il bisogno di risposte radicali al nostro mondo”. Credi che i vignaioli o i contadini oggi possano dare queste risposte?
Jonathan Nossiter: Ai tempi di Pasolini alcuni cineasti riuscivano a intuire dove stavamo andando, oggi ho questa impressione quando parlo con un vignaiolo. Tutte le persone, i registi e i vignaioli, che sono presenti in questa rassegna per me sono persone in azione, che cercando di far vivere un territorio, ma anche persone capaci di andare al di là dell’individualismo e dell’egoismo che regnano nella nostra epoca, cercando di portare avanti un impegno che possa coinvolgere anche gli altri. Nel mondo del vino ci sono ancora atti di comunitarismo e in questo vedo una speranza, guardandomi intorno trovo pochi mestieri dove si trovano questi gesti forti e io, come cineasta, trovo fenomenale quello che hanno fatto i vignaioli in questi anni. Sono atti concreti con cui i vignaioli sono riusciti a integrarsi nel mercato per sopravvivere, sono un atto di dissenso molto bello. Prima era il cinema che aveva questo ruolo e dava speranza, proponeva altri modi di vedere e capire il mondo, io ora non sono ottimista sullo stato del cinema, non vedo molti cineasti dare una sensazione di speranza o una visione del mondo diversa… Chi stappa certe bottiglie di vino, invece, riceve uno sguardo diverso sul mondo.