vini, persone, territori, tradizioni

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La biodinamica, o il rinascimento dell’agricoltura

Ancora oggi regna molta confusione quando si sente nominare il termine biodinamica. La biodinamica è un modo di coltivare la terra, i vini biodinamici possono essere eleganti, rabbiosi, puliti, grezzi, lievi, fruttati, animali, buoni o cattivi. Percorrere attraverso gli assaggi la lunga strada tra un viticoltore biodinamico e un altro riserva molte sorprese… Abbiamo incontrato Nicholas Joly, viticoltore biodinamico francese, presidente dell’Associazione Renaissance du Terroir e autore del libro La vigna, il vino e la biodinamica per capirne di più sia dei vini che delle motivazioni che spingono un agricoltore a perseguire la strada dei vini biodinamici.

nicholas joly Sorgentedelvino: Come definirebbe l’agricoltura biodinamica?

Nicholas Joly: Per capire l’agricoltura biodinamica bisogna comprendere la biologia, è un’agricoltura biologica in cui si lascia la natura libera di esprimersi senza le particelle chimiche di sintesi che la distruggono. La tappa successiva è quella di capire che la materia è fatta di energia e agire sul modo in cui l’energia si trasforma in materia. Possiamo dire che i preparati biodinamici permettono alla vigna di esprimersi meglio, portando sul piano materiale le forze che fanno vivere il suolo e che stanno dietro la fotosintesi. La fotosintesi è sostanzialmente la trasformazione di un mondo intangibile in un mondo tangibile, la luce e il calore diventano materia, legno, uva. La biodinamica permette una buona incarnazione. Se un’uva è ben incarnata troveremo nel mosto un equilibrio di forze e informazioni che fanno in modo che in cantina ci siano poi poche cose da fare. Esistono due categorie di vino, nella prima la lingua della vigna (cioè il legame con il suolo e con l’atmosfera) è stato rovinato dalle molecole di sintesi con un conseguente avvelenamento della linfa ad opera dei sistemici, la distruzione della microriza e del lavoro delle radici. Questo approccio dona un raccolto atipico e disinformato, in cantina si farà un buon vino non marcato dal suo luogo d’origine e in cui la tecnologia permette di aggiungere 350 gusti arbitrari. Il mercato per questi vini sta morendo: i consumatori informati non li vogliono più. La seconda categoria è quella dei vini della vigna, quelli in cui la vigna può parlare e in cui in cantina non si fa quasi nulla, tutto si svolge secondo la qualità del luogo, del terroir. Il vino sarò più o meno grande, ma sempre emozionante. Di questi vini il mercato non saprà dire “buono” o “cattivo” ma dirà che è un vino vero. Poiché molte persone definiscono il proprio lavoro come biologico o biodinamico senza veramente metterlo in pratica noi chiediamo a tutti i membri dell’associazione Renaissance du Terroir un impegno legale attraverso una certificazione da almeno tre anni nel vigneto e con un percorso successivo in cantina. La biodinamica non è una moda, ma una rottura profonda e durevole verso la piena espressione delle DOC. Questo avvantaggia ovviamente quei paesi che hanno dei grandi terroir con originalità del suolo e del microclima.

Sorgentedelvino: Potrebbe raccontarci come lei si è avvicinato alla biodinamica?

Nicholas Joly: Sono tornato al vigneto nel 1977, per tre anni ho praticato un’agricoltura convenzionale ma ho visto che era disastrosa per la vigna. Poi una persona mi ha regalato un libro sulla biodinamica e da lì ho iniziato cercando di adattare alla vigna quello che leggevo e scoprivo dell’agricoltura biodinamica. Oggi questo percorso è già stato realizzato e possiamo aiutare chi si avvicina a questa forma di agricoltura a risparmiare tempo. Ogni luogo deve avere la propria biodinamica, non esistono regole fisse quindi si passa sempre attraverso una persona e una ricerca. E’ l’uomo che comprende il micro e il macro cosmo e usa le suo forze d’uomo sul mondo minerale, vegetale e animale per vitalizzare la terra.

Sorgentedelvino: La biodinamica è solo una tecnica?

Nicholas Joly: E’ più di una tecnica e lo può capire ogni persona sincera che vi si avvicina. Una tecnica è qualcosa di meccanico, la biodinamica è l’inverso del meccanico, essa collega la terra alle forze che le danno vita: se si copre la terra con un grande telo nero isolandola dal sistema solare essa muore velocemente, al contrario la biodinamica lega la terra a tutti i componenti del sistema solare. Utilizzare la biodinamica è come regolare la sintonia di una radio. La biodinamica è l’inizio di un rinascimento che permetterà di comprendere che l’agricoltura è un’arte, l’arte di sapersi legare a delle forze specifiche che sono adatte a una pianta specifica. E questo implica il recupero di una conoscenza complessa del macrocosmo. E’ per questo che ci sono tante persone che lottano contro la biodinamica: la ri-conoscenza delle forze che danno la vita alla terra rende possibile un’agricoltura gratuita che fa cadere le industrie chimiche. Gli stati inoltre non possono più sostenere le enormi spese di salute causate dall’alimentazione devitalizzata a cui oggi l’uomo è sottoposto. Essi saranno obbligati a tornare al sapere e alla saggezza della terra nonostante le lobby di potere. Le nuove generazioni sono incaricate di questa battaglia e senza sapere perché comprendono tutto questo. Nel giro di tre anni si tornerà ad un’agricoltura familiare e su piccola scala. In viticoltura la biodinamica si sta diffondendo velocemente perché chi beve si rende conto subito dei risultati, ma la stessa cosa accade anche sulle verdure e su tutti gli alimenti. Difendere la biodinamica non significa aderire a un partito politico, ma ridare all’uomo la sua qualità di uomo per un rinascimento dell’umanità che trascende tutti i partiti. La stampa non fa passare questo messaggio perché vive dei budget pubblicitari che sono nelle mani di quelli che vivono di lobbismo e disequilibrio, solo per questo…

Sorgentedelvino: Una delle pratiche agricole proposte dalla biodinamica per la gestione del vigneto è la selezione massale delle piante contro la selezione clonale oggi diffusa. Potrebbe spiegarci le caratteristiche e le ragioni di questa pratica?

Nicholas Joly: Se invitate a cena 10 persone e conducete la conversazione su un qualunque argomento avrete 10 opinioni diverse. Il clone è un punto di vista, la selezione massale porta la complessità di più punti di vista. In Francia sta tornando la richiesta di selezione massale ma questa comporta più lavoro rispetto ai cloni, ad esempio: su alcune piante l’uva matura prima e bisogna vendemmiare almeno tre volte per avere una raccolta perfetta su tutto il vigneto. Il successo della selezione clonale è venuto dal fatto che ha duplicato o triplicato la raccolta e molti viticoltori la scelgono per questa ragione. Un altra differenza sta nella longevità della pianta: un clone vive circa 20 anni, una pianta proveniente da selezione massale oltre i 100 anni. L’uso della biodinamica su vigneti impiantati usando cloni può portare ad avere delle piccole differenze tra una pianta e l’altra, ma senza fare miracoli… La vigna è un nervo che ha una sensibilità immensa. Il vino è il risultato del lavoro della vigna, la prima tappa per comprendere la sottigliezza dell’organizzazione delle forze che sono dietro alla natura. Quando bevo un vino, bevo il viso di una persona, un paesaggio, etc, se non trovo queste cose non bevo il vino. Ci sono in giro troppi vini buoni che sono freddi e morti, non li posso bere, mi fanno paura, sono pieni di intellettualità.

 

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