Eccoci di ritorno dalla 5 giorni veronese, VinoVinoVino e Vinnatur, con una piccola toccata e fuga al Vinitaly. Abbiamo assaggiato tanto, chiacchierato con i produttori ancora di più, siamo stati molto bene. L’ambiente rilassato dei vini naturali rimane quasi tale anche se il produttore va al Vinitaly, e questo è un bene, ma l’ambiente generale non ci piace. Troppo rumore, spazi angusti, troppo bisogno di smaltire bottiglie. Ad esempio sono stato letteralmente travolto da un signore (in un corridoio del padiglione Campania) che correva ad incontrare improbabili acquirenti internazionali. Manco una parola di scusa, solo un “devo andare ad incontrare i buyers”. Insomma salutati i pochi che era dovere e piacere, siamo tornati a Cerea. A proposito di Cerea, molto bella la sistemazione, spaziosa, luminosa, comoda.
Non avrà il fascino di Villa Favorita o di Villa Boschi, ma è perfettamente funzionale, e cosa non da poco, la sistemazione in un unico salone di tutti i vignaioli è risultata gradita a tutti, produttori e visitatori. I nostri complimenti a Giampiero (Bea) per essersi fatto letteralmente in quattro per organizzare il tutto. Come al solito perfetta l’organizzazione di Villa Favorita, grande Angiolino (Maule). Parecchi volti nuovi, molta attenzione a paesi enologicamente sconosciuti ai più. Chapeu.
Gli assaggi hanno evidenziato vini sempre con meno difetti insomma la qualità media continua ad alzarsi. D’altro canto il solito problema di molte bottiglie assolutamente non pronte, magari destinate a divenire grandi in un futuro prossimo, ma non adatte (ora) alla presentazione al grande pubblico. Un occhio al futuro di queste manifestazioni. Il rivendicare l’orgoglio di essere diversi, veri, etici, naturali è un patrimonio ed una identità da non disperdere dentro un padiglione del Vinitaly. Questo per parecchi motivi, il primo è la sostenibilità dei costi sia in termini di denaro che di tempo per le piccole o piccolissime aziende, il secondo (forse il più importante) è il rischio di essere relegati a fare da contorno, relegati ad essere una attrazione da baraccone.
Il dibattito è in corso dopo il sasso tirato da Fabio Giavedoni di SlowFood su SloWine e ripreso subito da Franco Ziliani sul suo blog VinoalVino. Per noi è importante fare massa, massa critica. Insieme col cuore e con la testa, come chiedono gli appassionati e tanti vignaioli. Insieme nel rispetto delle differenze e dei gruppi. Insieme come le tessere di un piccolo mosaico, dove nessuno è più importante o migliore dell’altro. Questo insieme ha bisogno di un minimo comune denominatore, sia chiaro, non dell’ennesimo disciplinare. Un punto dal quale partire potrebbe essere una comune dichiarazione di intenti e l’obbligatorietà di una autocertificazione.