Avete mai notato avvicinandovi al banchetto dell’azienda Giovanni Menti a qualche manifestazione la scritta sulla maglietta che lui indossa? C’è scritto: Vino volutamente declassato. Se non vi siete fermati a chiedere spiegazioni questa è l’occasione per averle, pubblichiamo il breve scritto di Stefano Menti su questo argomento che è interessante per molti territori e molti produttori di qualità in tutto il nostro paese.
“Vino volutamente declassato”
Mi sembra di fare un discorso funebre all’americana: “con immenso dispiacere sono a comunicarvi che l’azienda Menti Giovanni non farà più vini certificati D.O.C. ma si limiterà a semplici vini bianchi, vini frizzanti, vini spumanti, vini dolci ovvero… vini da tavola”.
La decisione sofferta è giunta dopo un lungo periodo di meditazione. In famiglia siamo sempre stati orgogliosi del nostro terroir, il terroir di Gambellara, tanto da portare in etichetta da tempo la dicitura “100% terroir di Gambellara”.
Siamo però una piccola azienda famigliare, composta ufficialmente dal sottoscritto e mio padre pensionato. In vendemmia abbiamo degli stagionali e non ufficialmente ci avvaliamo dell’aiuto della mamma che paga le bollette, controlla e cataloga le fatture che poi vanno gestite dal commercialista.
Il momento economico è difficile e i costi aumentano.
Non abbiamo mai messo in discussione la politica della qualità e quindi, per avere un margine dignitoso senza uscire a prezzi alti, ci siamo orientati alla riduzione dei costi, prima di tutto quelli per noi inutili.
La certificazione dei vini e i consorzi
Dopo un decennio di militanza attivissima nel Consorzio Tutela Vini Gambellara e nella Strada del Recioto, da consigliere, sindaco e associato, siamo giunti alla scelta di abbandonare queste associazioni e, dopo aver intervistato i nostri clienti statunitensi, giapponesi, europei e italiani, abbiamo deciso di passare alla base della piramide qualitativa italiana, stanchi di gestire documenti e pagare costi di certificazione alla raccolta, alla vinificazione, all’imbottigliamento, alla commercializzazione.
Il decreto erga omnes che associa ai consorzi anche i non associati, è stata l’ulteriore e ultima mazzata.
Nel 2012 abbiamo ricevuto una nota di addebito dal Consorzio Monti Lessini pari a 0,33 € a bottiglia, relativa al vino 2010 certificato nel 2011 e già tutto venduto; quindi non ho neanche potuto rifarmi sul povero consumatore, sul quale i costi finali gravano sempre.
Domanda: un costo puro a bottiglia alla produzione di 33 cent di euro, quanto inciderà poi al dettaglio sullo scaffale di un’enoteca? (aggiungiamo a questo costo fumoso, anche il costo del percorso certificativo, e allora i costi ulteriormente lievitano).
Per questi motivi, continuando ad inseguire la produzione espressiva del territorio e quindi necessariamente di qualità, con rese per ettaro spesso inferiori alla metà del massimo permesso per legge nelle denominazioni di origine, fregiamo le nostre bottiglie con la dicitura in etichetta: – vino volutamente declassato – , in quanto i nostri vini potrebbero con la massima tranquillità essere certificati e posizionati ai vertici della piramide qualitativa, ma per una mera questione di costi vengono sistemati alla base.
Per ora e forse per sempre faremo eccezione per il Vin Santo di Gambellara, continuando quindi a certificarlo. Un vino a noi carissimo per la tradizione e l’amore del territorio, che meriterebbe la certificazione D.O.C.G. ma che deve accontentarsi della D.O.C. visto che anche qui il Consorzio di tutela ha fallito, certificando ai vertici il vino Recioto di Gambellara e scordandosi della sua perla più rara e unica.