Pubblichiamo l’intervento conclusivo della Tavola rotonda “Vignaiolo bene comune, la viticoltura come presidio del territorio“. Conclude Saverio Petrilli di Tenuta di Valgiano che qui ha parlato nella sua doppia veste di vignaiolo e di Segretario della Fivi – Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. Con lucidità estrema Petrilli evidenzia quali siano oggi le resposabilità che i contadini e i vignaioli possono e devono riprendere nelle proprie mani.
La Fivi – Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti è nata per fronteggiare le nuove norme perché ci siamo resi conto che nell’agricoltura, dove la rappresentatività è stata sempre quantitativa, il piccolo agricoltore è stato sempre l’ultima ruota del carro.
Anche se queste esternalizzazioni positive – di cui parlava il Prof. Canali prima di me – verrano sovvenzionate i soldi finiranno nell’imbuto del più grande e del più forte come è sempre stato, mentre sappiamo che chi protegge veramente il territorio è il piccolo, chi lo sostiene in tutti i suoi aspetti dal punto di vista economico, sociale, ambientale.
Come FIVI non vogliamo chiedere soldi, non vogliamo che l’agricoltore viva di elemosina come è stato per quasi un secolo. E’ un sistema povero, che da vita a pressioni politiche e ai giochetti che conosciamo. La nostra ambizione è che l’agricoltore venga pagato per quello che produce in maniera dignitosa e che il consumatore arrivi a saper considerare nel prezzo che paga queste esternalità positive (un nome orribile, ma si chiamano così): tutto quello che l’agricoltore fa nella gestione del territorio e che è sotto gli occhi di tutti noi quando andiamo in giro.
Come diceva il professore, se noi chiudiamo gli occhi e pensiamo alla natura nella maggior parte dei casi, soprattutto qui in Italia, è una natura antropizzata, non una natura selvaggia, perché è quella che ci circonda. Quindi siamo molto legati alla presenza dell’uomo sul territorio, al punto che l’abbandono crea dei dissesti enormi.
L’agricoltura è l’attività dell’uomo che ha l’impatto ambientale più alto e questo è un peso che ho dovuto accettare già da quando ero studente. Gli esempi sono infiniti… Un professore ha notato un aumento dell’impotenza nella sua regione, è andato a cercare e ha trovato che nel mare negli ultimi 10 anni sono aumentati di 10 volte i quantitativi di ormoni e antibiotici. Questo lo sento come responsabilità, non è facile accettare che l’attività mia o dei miei colleghi possa rendere impotenti i nostri figli…
Noi contadini siamo sempre meno e lavoriamo sempre di più come operai agricoli in questa spersonalizzazione totale che contrappone il libero contadino a quello che è un mero esecutore, un operaio agricolo perché non sa quello che fa. Agisce secondo schemi che sono stati studiati e imposti da qualcun altro e che lui non comprende in profondità, laddove la grande forza del libero contadino è quello di essere un libero interprete, di capire i bisogni del proprio territorio, delle piante che coltiva e di fare delle azioni in conseguenza di quello che le piante gli dicono e non sulla base di teorie astratte calate da chissà dove.
La responsabilità ambientale del contadino
Tra tutte le responsabilità che vedo nell’agricoltore la principale è sicuramente quella ambientale, perché si opera nell’ambiente.
L’Enel ha scoperto come fissare l’anidride carbonica presente in atmosfera, la fissa con un solvente chimico, poi viene staccata da queste sostanze chimiche (non veniva spiegato cosa viene fatto di queste sostanze chimiche) dopodiché viene stoccata in cavità geologiche. Tutto questo ad un comune mortale che non ha a propria disposizione dati scientifici ma solo il proprio buonsenso presenta una serie di problematiche. Questa ricerca è stata finanziata dall’Unione Europea con 100 milioni di Euro.
Ora, io faccio agricoltura biodinamica, con l’agricoltura biodinamica si aumenta il livello di humus nel terreno. Secondo dati raccolti in Australia (dove si trova l’85% della superficie mondiale in biodinamica) in 10 anni su un terreno siamo passati nei primi 20 centimetri da livelli di sostanza organica di 2,4% al 12/13%, nei successivi 40 cm dallo 0,9% al 2,5%. Questo aumento enorme della sostanza organica significa fissazione dell’anidride carbonica presente in atmosfera. Con 100 milioni di euro si possono convertire in biodinamica almeno un milione di ettari. E trasferiti su un milione di ettari i dati sulla presenza di humus fanno una cifra che cancella in un istante qualsiasi protocollo di Kyoto, qualsiasi ente di ricerca che ha bisogno dei 100 milioni del contribuente. Ma tutto questo si potrebbe fare anche senza i 100 milioni, perché in realtà i costi sono così irrisori che l’agricoltore li potrebbe sostenere da se.
Nel confronto tra aziende biodinamiche e i loro vicini di nuovo questa presenza di humus mostra che nella prima ora di pioggia il terreno dell’azienda biodinamica assorbe 14 volte più acqua di quello del vicino. A livello ambientale questo significa 14 volte meno acqua che va nel fiume e 14 volte meno possibilità di esondazione. Su terreni collinari vuol dire acqua che viene assorbita, che non scorre in superficie e non provoca erosione con conseguenti frane e scorrimento a valle della sostanza organica, ma vuol dire anche arricchimento del sistema venoso di un fiume che è quello che fa si che il fiume non si prosciughi in momenti di siccità, acqua che può essere usata quando serve da tutta la comunità agricola e non.
Queste sono le responsabilità ambientali che un approccio agricolo etico, di buon senso, perché il capitale dell’agricoltore è tutto nella terra, è la cosa che ci interessa di più conservare.
Le responsabilità sociali dell’agricoltore
Accanto a questo ci sono poi responsabilità sociali che hanno mille risvolti, per me una fondamentale è l’alimentazione. La qualità dell’alimentazione determina la qualità del pensiero che determina poi la qualità della nostra società: se ci alimentiamo male finiamo poi per agire male, questo è un concetto Ottocentesco.
Sempre a livello sociale inserisco la gestione del territorio e del paesaggio perché hanno un’influenza sociale fondamentale sia a livello romantico che a livello turistico che a livello di gestione del territorio che come incidenza. C’è una fortissima possibilità di incidere da parte di questo minuscolo 3% della popolazione, una possibilità enorme e di conseguenza una grande responsabilità.
Pensiero urbano e pensiero rurale
E in questo vado anche oltre perché c’è un modo di essere dell’agricoltore che sta scomparendo in questa trasformazione da libero contadino a operaio agricolo. La nostra società è ormai costruita sui valori del pensiero urbano, un modello che è costruito sul pensare. Quando uno pensa, può pensare qualsiasi cosa, può persino arrivare a pensare di avere ragione perché è possibile, fa parte del pensiero. Grandi pensatori attraverso una buona dialettica arrivano a convincerci del loro pensiero. Questo porta anche a una pianificazione e quindi a calare una serie di regole che talvolta vengono poi forzate in un sistema e giustificate forzatamente.
L’agricoltore, o il contadino se vogliamo chiamarlo così, lavora con la natura e fondamentalmente non sa mai cosa andrà a fare il giorno dopo perché dipende dalla natura, dal tempo. Apre le finestre, guarda com’è il tempo e decide se andare a seminare o restare a sistemare i trattori, se imbottigliare, o potare. Decide quello che farà ogni giorno, quindi non pianifica, non si prepara ma reagisce a ciò che vede, ha una grande capacità di usare i propri strumenti, i propri sensi. Un bravo agricoltore che vive su un territorio riuscirà a immaginare entro certi limiti come sarà il tempo il giorno successivo.
In questi ultimi due anni le previsioni metereologiche sono impazzite completamente, si sono moltiplicate, ma tutti vi diranno il contrario di quello che ha detto un altro. E questo è dovuto al fatto che vengono utilizzati modelli matematici che prima in parte venivano interpretati da persone che avevano una grande esperienza (chi non ricorda il famoso colonnnello Bernacca). L’esperienza umana faceva da mediazione a un modello, mentre adesso il modello viene passato tale e quale.
Invece l’agricoltore è abituato a interpretare quello che vede. Un vero agricoltore quando va tra le sue piante ha una speciale capacità di cogliere ogni particolare, un allevatore che si avvicina alla propria mandria si rende conto immediatamente se manca un animale o se un animale non sta bene. E questo cos’è? Talvolta la biodinamica viene tacciata di misticismo, ma questo cos’è? E’ proprio una capacità dei nostri sensi che è stata definita percezione attiva, ovvero una percezione attivata.
Tutti quanti quando ci avviciniamo a una mandria riceviamo lo stesso messaggio visivo olfattivo uditivo. L’allevatore che fa questo mestiere riesce a cogliere una differenza. Questa cosa trasposta nella società porta a un modo di fare che è completamente diverso dal pensiero urbano. Quando un agricoltore va a tovare un’altra persona non si prepara, non pianifica, non ha un obiettivo preciso che vuole raggiungere, va a incontrarlo, dialoga e il dialogo, l’interazione tra le due persone determinerà la sua politica, il suo modo di confrontarsi.
Nella nostra società che ormai è costruita sulla paura, dove la paura ci entra in casa quotidianamente attraverso i media, la paura è la determinante di ogni azione e di ogni cosa.
Ora pensate agli agricoltori, arrivate lì e non c’è nessuno, poi andate in magazzino dove c’è la produzione di un anno e non c’è nessuno, magari in un angolo ci sono dei colli per un corriere con scritto il nome del corriere, questo entra si serve da se, va via con lì tutto. Una realtà basata sulla fiducia. Sono concetti così lontani, ma che fanno parte dell’umanità, perché se l’umanità non la costruiamo su questi valori non ha senso andare avanti. Il destino che ci aspetta è quello del Sud Africa: gente che ti dice: “la sera anche se c’è il semaforo rosso non ti fermare”, le case hanno muri alti 4 metri con sopra il filo spinato con la 220.
Questo vuol dire aver perso il territorio, non sei più padrone.
Il libero contadino e l’operaio agricolo
Questo è dove l’agricoltore, raccogliendo le proprie possibilità, rifiutandosi di essere un semplice operaio agricolo, ma ritornando a raccogliere i propri saperi e le proprie responsabilità deve impegnarsi. Bisogna arrivare ad autolimitarsi, rinunciare anche a un possibile profitto pur di poter acquisire quella chiarezza che ti permette di puntare i pugni sul tavolo, che ti permette di non accettare imposizioni.
Se dovessi chiedere qualcosa, piuttosto che i soldi io preferisco un alleggerimento burocratico: esco da un anno in cui nella mia azienda abbiamo avuto 10 ispezioni da enti vari, produciamo 70.000 bottiglie, 10 ispezioni, ci pensate al costo? Non è giustificato.
Io vorrei chiedere che mi si lasci lavorare. Ma non mi riferisco solo ai vignaioli, pensiamo ai caseifici, un caso molto più delicato. Lo sappiamo tutti, se pensiamo con la nostra memoria e con la nostra testa, che i problemi nell’agroalimentare nascono nell’industria: il botulino veniva da una grande industria, la mozzarella blu veniva dall’igenica Germania, non da un sudicio caseificio campano dove la mozzarella è superlativa.
Allora noi dobbiamo chiedere, dobbiamo pretendere il buon senso, non altro e su questo abbiamo bisogno della collaborazione dei cittadini.
Io spendo 6.000 € di certificazioni l’anno per affermare che non uso pesticidi, se stocco del letame sulla terra oltre il 91esimo giorno sono passibile di una denuncia penale. Per acquistare le corna della vacca io e il macello che me le fornisce facciamo un illecito penale, se acquisto 20 quintali di Roundup e li distribuisco su 3 mq di terreno non è così.In realtà dovrei fare una lettera alle Asl e comunque se per caso non lo faccio è una denuncia amministrativa… Scusate, ma questo non è buon senso! Io non chiedo mica la luna a dire di agire col buon senso, per questo mi voglio distaccare, non voglio milioni di euro, voglio il buon senso, il rispetto delle regole della sana convivenza e dell’umanità tutta. E per far questo sono disposto a dare, a dare i miei saperi a dare la mia esperienza a un territorio.
Ed è importante che i valori di cui abbiamo parlato qui non siano mai dietro al prodotto, ma dentro al prodotto, non basta che ci siano le chiacchiere. Ora la biodinamica sta diventando di moda, ma nella maggior parte dei casi sono chiacchiere, sono dietro al prodotto, servono da schermo. Quando nella bottiglia di vino che io produco c’è un lavoro (io non sono nato biodinamico) c’è una differenza enorme. Ieri ero in un’azienda agricola a Reggio Emilia che fa farina, ortaggi, formaggi, vi garantisco che in tutti i loro prodotti c’è una differenza epocale, il finocchio della Collina non è paragonabile al finocchio che trovate al mercato. E questo va a caduta, se andate da un piccolo agricoltore convenzionale nel suo finocchio c’è molto di più che nel finocchio che trovate nel supermercato che viene da chissà dove e che è frutto di speculazioni.
Non so se lo sapete, ma c’è un macello in Olanda dove vengono macellati 17.000 maiali al giorno, camion che entrano ed escono tutto il tempo e come mi diceva una persona è impossibile controllare i 100 maiali malati, passano attraverso. Alllora voi preferite acquistare la carne di maiale che viene da quel macello dove c’è dentro carne malata sperando che non capiti proprio a voi, che siano nel salame che ha comprato il tuo vicino… o preferite il piccolo macello locale dove macellano 20/30 maiali al giorno, dove i maiali li vedono, vedono come sono fatti, non dico che li conoscano ma arriviamo vicini, non solo, ma lì poi quel piccolo macello in proporzione assume 100 volte più manodopera che quello olandese, quelle 100 persone in più che faranno girare anche la vostra attività, quale che sia. Tutta un’altra economia che deve trovare una forza e che deve trovarsi nel prezzo, c’è nel prezzo, c’è una differenza nel prezzo e dobbiamo tutti essere disposti a pagarla.
Dall’altra parte ci deve essere una chiarezza di informazione.
Intervento di Saverio Petrilli tenuto a Piacenza il 4 marzo 2011
Pubblicato il 5 luglio 2011 a cura di Barbara Pulliero