vini, persone, territori, tradizioni

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Ritrovare un’arte in agricoltura, uno scritto di Nicolas Joly

Vogliamo ringraziare Nicolas Joly, titolare della Coulée de Serrant, presidente dell’associazione Renaissance des Appellations e autore del libro “Il vino tra cielo e terra” per averci permesso di tradurre e pubblicare questo suo scritto nato poche settimane fa. Una visione dell’agricoltura sicuramente molto lontana dal senso comune ma che ci sembra porre alcune importanti domande per chi si occupa oggi di agricoltura ma anche per chi ne è coinvolto solo come destinatario finale dei frutti del lavoro agricolo: cibo e vino.

Vi consigliamo di stampare l’articolo e di leggerlo con tranquillità lontano dal monitor del computer, magari comodamente seduti sulla panchina di un giardino, qui il link all’articolo in formato pdf.

Ritrovare un’arte in agricoltura

Nicolas Joly nei vignetiVediamo ovunque estendersi la presa di coscienza degli effetti terribilmente nefasti dei prodotti chimici di sintesi utilizzati da qualche decennio in agricoltura. Come si può uscire definitivamente da questa situazione così abilmente costruita? È la domanda sempre più pressante che viene posta oggi, come fare per uscire da questo pantano?

A questa domanda le risposte restano confuse e spesso poco soddisfacienti sul piano dell’etica. Si tenta di trovare prodotti meno nefasti, sistemi di trattamento più “ecologici”, o di riprodurre molecole di prodotti naturali, ecc. ecc. Ma non è in questo che si trovano le risposte di fondo; l’accesso alle soluzioni durevoli, umane, anche se questo shocka una parte del corpo insegnante o scientifico, deve avvenire pensando diversamente! Cosa significa questo?
Per rafforzare l’espressione del vivente, della vita, e dunque per limitare e poi sopprimere le malattie bisogna concepire il mondo vivente in modo molto diverso da come viene fatto oggi. Non si può comprendere pienamente la vita sezionando fino all’infinitamente piccolo un essere vivente e studiandolo, in più, su un piano stretttamente limitato alla materia. La materia, tanto adulata dai nostri scienziati a causa della formazione incompleta che hanno ricevuto, non è che un risultato o l’esito di processo che hanno fissato sostanze differenti in una forma precisa per arrivare a una specie vegetale o a un’altra. Quello che ci interessa per una comprensione profonda della pianta sono i processi che l’hanno creata, non la pianta in sé. Se prendiamo l’esempio di un pasticcere che ha fatto un dolce, quello che ci interessa è lui più del dolce stesso anche se viene analizzato sotto tutte le sue cuciture! È lo stesso con la materia. Queste forze che chiamiamo “la vita” – e bisogna capirlo assolutamente se vogliamo raggiungere un reale progresso – si spengono e alla fine muoiono nella materia. La morte non è che un trionfo della materialità sul vivente. Per comprendere la vita più profondamente bisogna lasciare la materia e applicarsi alla comprensione del sistema che dona vita alla Terra! La Terra, il nostro buon pianeta, non possiede la vita, la riceve grazie alla sua appartenenza a un sistema solare e stellare. In loro assenza la Terra muore. In altri termini, se si toglie la Terra dal sistema solare o se la si avvolge in un’immensa plastica opaca (cosa che del resto si sta cominciando a fare, soprattutto energeticamente, con questa saturazione di inquinamenti hertziani che imponiamo in modo completamente incosciente nell’atmosfera utilizzando telefoni portatili, GPS, satelliti, ecc), la vita scompare quasi totalmente.
Facciamo ora la domanda seguente: come arriva questa vita sulla terra?
E anche molte altre domande complementari: come resta coerente il sistema solare? Perché i pianeti hanno orbite abbastanza stabili ognuno con anni così diversi (84 giorni per Mercurio e quasi 30 anni per Saturno)? Quali affinità esprimono questi ritmi? Perché questo nostro sistema solare si sposta a 30 km/sec verso Sirio? Quali sono le forze attive che mantengono questi equilibri e qual è il loro senso? Sono decine e centinaia di domande come queste che dovrebbero essere poste ai nostri studenti di agricoltura perché diventino coscienti, nelle loro decisioni future, dell’impatto dei loro gesti.
Inizialmente bisogna solo comprendere che dietro questi equilibri sottili, magnifici, ci sono prima di tutto dei rapporti di forze che si possono semplificare con i termini “attrazione solare” e “gravità”. Ognuno “tira” dalla sua parte e tutto forma un equilibrio celeste di cui noi, in conclusione, viviamo!
La parola chiave è “rapporti di forza”! Quali sono? Come funzionano? Possiamo servircene (vedi Schauberger e le forze dell’implosione per esempio)? Queste sono le domande chiave che possono fare evolvere i nostri atti agricoli.
La vita discende sulla terra attraverso milioni di frequenze, di lunghezze d’onda cosmiche, ognuna portatrice di informazioni molto specifiche. Ogni pianta alla fine è un sistema energetico d’ascolto o di ricezione che prende quello di cui ha bisogno per esprimere la sua specificità; è un po’ lo stesso principio – ma assolutamente non la stessa cosa – di questi giga hertz – così nefasti perché vicini alle frequenze cosmiche – che in un quarto di secondo portano al vostro orecchio attraverso il portatile la voce di un amico che si trova a 8.000 km da voi. L’onda ha portato la sua voce quasi immediatamente! Si, la vita sulla terra è il risultato di un formidabile sistema d’informazione dove ogni pianeta, ogni costellazione si esprime attraverso onde cosmiche ognuna portatrice di informazioni.

L’immensa porta aperta da Rudolf Steiner in medicina, agricoltura educazione, ecc è stata quella di spiegare i retrostanti piani energetici del mondo fisico; o se preferite gli annessi e connessi di queste matrici di forze che permettono alla Terra di portare quello che chiamiamo la vita, di cui la natura nel senso più largo è un’illustrazione, ecc. E anche spiegare come sollecitare, e dunque servirci di, questo sistema che è gratuito! Perché essa è gratuita questa vita, è un dono fatto alla Terra. Se si comincia a spiegare agli studenti di cosa è fatto questo sistema, come funziona, come se ne possono misurare gli effetti (cristallizzazione, morfo-cromatografia, ecc), anche come stimolarlo, immediatamente la loro umanità – voglio dire la loro qualità di esseri umani – si risveglia; ognuno si sente parte pregnante di qualcosa di immenso, da cui siamo anche generati e che da senso alla nostra vita e alla società a cui apparteniamo! Ed è ancora questo che potrebbe evitare queste crescenti depressioni – tanti suicidi quanti morti sulle strade – così significative del fallimento di un sistema. Alla fine con un cammino macroscopico, serviamo la Terra e lei ci rende il centuplo!
In questo nuovo approccio non si impone più nulla alla pianta in modo cieco rispetto al resto, si accrescono solo le sue capacità di ricezione, “la sua acustica” se volete, di queste forze che le danno vita. La si avvicina alla “sua forza archetipa” o alla matrice energetica che l’ha modellata e incarnata. Il gene di per se stesso è un simulacro; non è che il primo elemento visibile del piano energetico che ha posto in essere. Il mondo scientifico lo sa, poiché dice: “non è il gene in se che agisce, ma ciò che lo circonda”. La genetica diventerà un progresso solo quando si sarà compreso il sistema che organizza o ordina i geni. Se non si raggiunge questa tappa, la genetica diventa uno strumento estremamente pericoloso perché portatrice di forze intensamente disorganizzatrici che disturbano, che aggrediscono persino, il sistema incaricato di creare un ordine di vita sulla Terra. E questo non potrà portare che a più problemi e a bisogni di “assistentato arbitrario” che la collettività ancora una volta dovrà pagare.
Il vero progresso è comprendere come un macrocosmo, un mondo energetico, si imprigiona, si separa e si isola nella materia. Come ogni pezzo del puzzle può aiutare a rifare nascere il legame con un’immagine globale, un tutto energetico. Quello è un macrocosmo che diventa un microcosmo. L’abbiamo già nel mito di Iside e Osiride dove Iside sulla Terra cerca disperatamente i pezzi di Osiride che Seth (la gravità) ha ridotto a pezzi (incarnazione; separazione). Ritrovare il legame con il tutto attraverso la comprensione delle parti è il lavoro che devono intraprendere gli scienziati. Ed è questo che a modo loro fanno i preparati in biodinamica. Alla fine essi agiscono come minuscoli emittenti/riceventi legati a processi molto precisi, che eventualmente in seguito possono portare sul piano visibile a vite microbiche ecc, particolari ma che soprattutto sul piano qualitativo permettono un’armonia. Questo non si può misurare che qualitativamente, non quantitativamente. Quello che amiamo in un vino o in un dipinto di Van Gogh, è un mondo qualitativo che non è terrestre, ma celeste o solare e del resto è per questo che ci rallegra. L’arte è un’elevazione del mondo materiale. In agricoltura è lo stesso. Voler studiare la qualità attraverso il piano materiale, attraverso misure fisiche, porta semplicemente alla sua negazione! Ed è dentro a questa impasse che è stato chiuso il mondo scientifico! Gli scienziati devono essere al servizio della vita, non al servizio degli intessi economici. Amate i vostri figli 300gr o 500gr? Questa domanda sembra strampalata ma è proprio quello che cercano di fare molti scienziati senza esserne coscienti! La qualità, il mondo qualitativo non si coglie attraverso qusto tipo di misure. La pianta eleva la materia, le da forma, l’organizza. Sono queste forze organizzatrici, o formatrici, che bisogna misurare per raggiungere il mondo qualitativo (test di cristallizzazione sensibile per esempio).
Le azioni di questo mondo qualitativo, diciamolo ancora, non possono dunque essere misurate materialmente ma bisogna dare loro il proprio posto perché è di questa bellezza segreta, di questi equilibri che vogliamo nutrirci, non di una “baraonda” che l’uomo impone alla pianta e di cui dissimula gli effetti nefasti con la tecnologia, ad esempio, in cantina.

Non siamo che ai primi passi di questa comprensione, un po’ come gli aerei che un secolo fa volavano a qualche metro d’altezza!
Questo andrà molto più lontano e in senso positivo, solo se questi percorsi sono fatti con coscienza comprendendo e rispettando il vivente in quello che ha di più nobile. Anche il pensiero dell’uomo, o degli uomini, forma forze vive, anche questo è il pollice verde, nient’altro che uno scambio di energie… Queste forze sono ovunque attorno a noi, bisogna riconoscerle e imparare a servirsene. Senza deviazioni, senza tentare di copiarle per ragioni economiche o di potere; solo imparare a legarvisi. Le proporzioni, le forme geometriche – architetture sacre ad esempio – quindi i numeri, sono portatori nella loro composizione di forze specifiche. La seziona aurea è un numero indivisibile che dunque porta sempre in se l’unità, un legame alla globalità. Per questo è tanto utilizzato! Attraverso le proporzioni che impone ci “parla”, ci nutre anche; i grandi pittori se ne sono serviti spesso e oggi il marketing vuole appropriarsene!
In un certo modo la biodinamica crea un legame con queste matrici di forze.
Prendiamo l’esempio di una vigna: le minuscole gemme che sono appena visibili in marzo diventeranno rami, foglie, fiori e poi uva. Più di una tonnellata di materia appare così su ogni ettaro in 6 mesi. Si considera che il 94% di questa materia da cui sia stata tolta l’acqua (diciamo allora materia secca) viene dalla fotosinesi dunque dall’abilità della vigna di afferrare bene queste energie solari, planetarie, stellari e di incarnarle. E’ lì che bisogna agire per correggere gli effetti nefasti degli inquinamenti fisici ed energetici, prima o nel momento in cui l’energia diventa materia; dopo “les jeux sont faits”, la materia è là, difficilmente correggibile se ha un difetto; un difetto che chiamerà senza dubbio ora o dopo una malattia che non si comprenderà, ovviamente. E’ questa la grande specificità della biodinamica, agire al momento in cui l’energia diventa materia. Agisce attraverso il piano energetico e dunque solo indirettamente attraverso il piano fisico. E’ in questo che differisce totalmente dall’agricoltura biologica. Qualche grammo per ettaro di preparati non possono avere un effetto attraverso piano fisico, ma attraverso il piano energetico è molto diverso. E’ da questo che la biodinamica trae il suo potere soprattutto nella nostra epoca in cui le energie vitali non sono mai state tanto indebolite. E’ da qui che viene la sua abilità di fare dei vini “migliori”. Ed è il contrario che si fa quando si usano questi terribili diserbanti o sistemici che avvelenano la vita del suolo e della linfa. In conclusione è dalla capacità o dall’abilità della vigna a legarsi bene a queste energie creatrici o a queste informazioni cosmiche che verrà la possibilità di astenersi da quasi ogni enologia in cantina. Un’uva “nata bene” può essere esente da ogni artificio in cantina perché a in se tutte le informazioni per comportarsi nel modo migliore o per unire tutte le caratteristiche dell’annata con l’estetica da cui nasce! I nostri gesti agricoli hanno rafforzato in essa un legame con la globalità, con l’armonia creatrice, con ciò che Keplero chiamava la musica delle sfere. Si ha allora un vino che è un luogo, un’originalità, un’opera e che di fatto piacerà.
Spero che qualcuno tra voi, i giovani soprattutto, comprenderanno queste forze a cui si può legare la vigna attraverso le nostre decisioni, i nostri gesti, le nostre comprensioni. E’ essenziale perché le nostre società rimangano qualitative. Siamo agli antipodi di quello che viene insegnato, lo so, ma tutti quelli che hanno fatto questo percorso con sincerità potranno confermarvi che la cantina deve tornare ad essere quello che era, una maternità! Il lavoro in cantina ha dovuto intensificarsi solo per correggere i gravi effetti energetici secondari dei prodotti chimici di sintesi che sono stati consigliati agli agricoltori senza avvertirli! Sono loro che “rompono” l’unità che deve esprimere una AOC.

Ecco dunque come: non bisogna più “fare” un vino per “piacere” a Mr X o a Mr Y, che con il suo nome “fa” vendere a consumatori troppo fiduciosi e poco informati dei cambiamenti degli ultimi 25 anni (quanti sanno che i viticoltori possono fare legalmente ricorso a 350 lieviti aromatici e genetici e a moltre altre cose ancora!?!?).
Finché l’uomo non penetrerà queste sfere generatrici di vita, le soluzioni non saranno mai durevoli. Esse rimarranno debiti per la collettività e non permetteranno di mangiare o di bere energie armoniose che, per questo solo fatto, sono nutrienti. Cambiare la coscienza dell’uomo passa attraverso questa comprensione.
Ecco come si può comprendere che l’agricoltura potrà tornare ad essere un’arte; l’arte di saper comprendere e utilizzare consapevolmente le forze che danno vita alla Terra. E’ prima di tutto questa la porta aperta dalla biodinamica. Ed è per questo che si sviluppa soprattutto in viticoltura, perché tocca una clientela di appassionati sempre più sensibili alla verità del gusto. Verità del gusto “parola chiave” su cui la stampa enologica è stranamente silenziosa, muta persino, per quali ragioni secondo voi?

Un articolo di Nicolas Joly (Coulée de Serrant)

Traduzione a cura di Barbara Pulliero

 

 

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