Un’idea di vino e di agricoltura che è diventata realtà nelle terre di Ovada e del dolcetto: 5 ettari di viticoltura biologica e infinita passione nei vini di Rocco di Carpeneto
Qualche anno fa sono arrivati da noi Lidia Carbonetti e Paolo Baretta con le loro bottiglie che non erano ancora in vendita. Vengono da Ovada, un territorio a noi molto caro che abbiamo imparato a conoscere con Pino Ratto e sulle prime li accogliamo con qualche reticenza: chi saranno mai queste persone che arrivano da Milano e vanno a fare il vino dove lo faceva Pino? Poi abbiamo aperto le prime bottiglie: sostanza. Vera sostanza. E ogni reticenza è scomparsa lasciando il posto al piacere della scoperta dei vini di Rocco di Carpeneto.
Rocco di Carpeneto è una cantina dove si coltivano solo vitigni autoctoni tipici del Piemonte: barbera, dolcetto e nebbiolo per i rossi, cortese per il bianco, in più un piccolo vigneto di albarossa un incrocio tra barbera e nebbiolo di Cherasco, messo a punto dal prof. Dalmasso negli anni ’30. Oggi l’azienda può contare su 5 ettari vitati disposti attorno alla cantina su un piano dal terreno prevalentemente limo-argilloso. Sono vigneti molto diversificati per età e tipologia di piante, dal vigneto storico Vigna Rocco con piante di barbera e dolcetto che datano tra il 1955 e il 1970 ai nuovi impianti fatti nel 2013 con piante di albarossa e nebbiolo.
Le scelte aziendali sono state subito nette: agricoltura biologica in vigna, fermentazioni con lieviti indigeni, lavoro manuale in cantina. Per prepararsi a questa avventura Lidia, che non ha origini contadine e prima di fare il vino si è occupata di economia, ha studiato enologia a Milano. È lei che fa il vino in cantina con molta sensibilità. L’utilizzo del legno è ben fatto: i vini sono affinati in un mix di legni piccoli (tonneaux, barriques) e botti da 15 hl, prevalentemente non di primo passaggio, sempre di rovere francese con l’eccezione dell’acacia per la maturazione parziale del cortese.
Pino Ratto ha passato una vita ad esaltare le potenzialità del dolcetto e del territorio di Ovada combattendo contro un’interpretazione mercantile dei vini giovani, facili e di basso prezzo per scegliere vinificazioni impegnative, l’uso del legno e lunghi invecchiamenti. E proprio queste bottiglie qui come a Dogliani hanno saputo regalarci le più alte espressioni del territorio.
Insieme a un piccolo gruppo di vignaioli, non tutti naturali ma tutti animati da una grande volontà, Rocco di Carpeneto ha riportato in vita il piccolo consorzio dell’Ovada Docg, il nome migliore per questo vino: non dolcetto, ma Ovada qui e Dogliani là. Stessa uva ma vini diversi quando i vini, grazie ad agricoltura e vinificazione rispettose, esprimono radicalmente il territorio.
I vini sono molto diversi da quelli di Pino, anche i modi e le personalità sono estremamente diversi, ma l’idea di valorizzare con le scelte più radicali il territorio sarebbe stata molto apprezzata dal jazzista anarchico ed è forse quanto di più vicino a lui sia nato ad Ovada in questi anni.
In azienda si può anche soggiornare in un accogliente agriturismo dove si ritrova la stessa cura per le cose fatte bene e la serietà delle scelte che troviamo nei vini. Ultimo ma non ultimo: assaggiare per credere!
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