vini, persone, territori, tradizioni

vini, persone, territori, tradizioni

Stefano Menti e i Lieviti, storia di un percorso personale.

Riceviamo e pubblichiamo molto volentieri queste righe di Stefano.

Narrano di un percoso personale di un agricoltore, figlio di agricoltori, di un ritorno alla centralità della terra, di una riscoperta di sapori autentici, del confronto con altri produttori di vini naturali che Stefano considera i propri maestri come Stanko Radikon, Josko Gravner, confronto spesso avvenuto davanti alle bottiglie o anche solo per mezzo dei vini nel bicchiere.

“Amo assaggiare i vini degli altri produttori, considero il confronto indispensabile per la mia crescita personale”

Buona lettura.

Una delle vigne di Stefano Menti


Si può vivere senza lieviti selezionati?

Come ho già scritto, è da cinque vendemmie e mezza che non uso più lieviti selezionati per i miei vini.

Mi avvalgo del loro utilizzo solo per le rifermentazioni in autoclave che faccio conto terzi, quelle per colleghi produttori che mi portano la loro base ferma per la spumantizzazione.
Sto usando lieviti spontanei sia per le fermentazioni dei vini fermi come Paiele, Riva Arsiglia, Monte del Cuca, Albina e Vin Santo, che per la rifermentazione in bottiglia di Garganega sui Lieviti, che per la prima fermentazione in autoclave di Omomorto e in bottiglia di Passito della Tradizione.

Avendo la massima cura e controllo giorno per giorno di ogni vasca, non ho mai avuto alcun problema grave, fatta eccezione per l’annata 2010 caratterizzata da alcuni arresti fermentativi che hanno fatto alzare sensibilmente il livello di acidità volatile.

Tutte le vasche però sono giunte a zero grammi di zucchero residui.

L’annata in questione è stata contraddistinta da abbondanti e frequenti piogge, che hanno assottigliato la buccia. A causa dei numerosi trattamenti di rame per la protezione dalla peronospora, i pochi lieviti si sono trovati sprovvisti di azoto e ostacolati dall’azione del metallo.
Colleghi che usano lieviti selezionati hanno però avuto anche loro, anche se in parte minore, questo tipo di problema; più di qualcuno infatti mi ha detto di aver avuto qualche vasca di pinot grigio o di garganega con 8/12 grammi di zucchero residuo.

Dalla vendemmia 2011 vinifico e “ri/fermento” l’Omomorto, il mio charmat da uva durella, solo con lieviti spontanei.
Faccio partire la fermentazione del mosto con i suoi lieviti, e quando è ben lanciata sposto il mosto in fermentazione in autoclave. Quando mancano i gradi zuccherini necessari ad avere le 5,5 atmosfere finali, chiudo le valvole.

Nell’anno 2011 il vino, ostacolato dalla grande alcolicità che aveva in partenza, si è fermato a 12,90 gradi alcolici, con 5 grammi di zucchero residui e 5,7 bar di pressione.
Nell’annata 2012 invece è giunto a 11,29 gradi alcolici con 11 grammi di zucchero residui; l’ho quindi travasato e spero che vada ancora un po’ avanti, in modo da avere un brut che non sia troppo vicino all’extra dry.

Il problema principale che ho avuto è stato quello di non riuscire sui vini con elevata pressione ad avere i dosaggio zero che ottenevo invece con i lieviti selezionati.

I vini però sono più caratteristici, anche perché faccio solo millesimati al 100%, piena espressione dell’annata. Nel caso dell’annata 2011, con una base a 13 gradi alcolici, se avessi voluto usare i lieviti selezionati per avere uno spumante, arricchendolo con saccarosio avrei ottenuto un vino di 14 gradi alcolici, o in alternativa avrei dovuto applicare un taglio sulla base e magari fare una cuvee.

Tutti questi grilli nella testa mi scattarono da quando sette anni fa chiesi a mio padre: “ma prima dell’avvento dei lieviti selezionati, avevi mai avuto problemi di fermentazione?” Risposta: “mai” Domanda: “e allora perché hai iniziato ad usarli?” Risposta: “perché i tecnici, anche quelli convenzionati con l’ispettorato, ci dissero che non si poteva fermentare senza lieviti selezionati”.

La mia risposta per ora, pronta ad essere smentita è: sì, si può tranquillamente vivere senza lieviti selezionati. Solo un po’ meno comodamente.”

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