Un vino a cui la burocrazia ha fatto cambiare nome e denominazione, solo il contenuto della bottiglia rimane lo stesso. Pazzesco ma non è questo il momento di parlarne.
A quasi 6 anni dalla vendemmia si presenta di un bel rubino scarico, senza cedimenti sull’unghia. Tappo perfetto.
Annuso senza ruotare il bicchiere, note eteree leggiadre, poi il frutto vivo croccante.
Aspetto un un attimo, agito arrivano le note speziate, ancora la ciliegia e quella nota terroso minerale da sangiovese di razza.
All’assaggio è deciso ma discreto, non invade di potenza, non mostra i muscoli, ti piglia la bocca con la sua decisa personalità.
Beva fin troppo facile, visto l’equilibrio e acidità abbastanza pronunciata. Finisce lunghetto con una bella nota leggermente amaricante.
Che altro dire? Un vino che in ogni annata ti va dritto al cuore. Un blend della tradizione più schietta, sangiovese, prugnolo gentile, alicante (leggi grenache) per finire con un piccolo saldo di ciliegiolo.
Veronelliano, schietto, vero. Un vino di terroir, che a Scansano fa paura.
Abbinatelo a una bella costata di manzo, le fiorentine vere sono fuori portata in questa Italia (e in questi tempi di crisi).
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