vini, persone, territori, tradizioni

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Viticultura eroica: Pelizzatti Perego tradizione di Valtellina

A seconda della tua posizione di osservatore, le vigne sono sotto o sopra. Mai di fianco, a destra o a sinistra. Il salire, lo scendere costano fatica tanta fatica. Piccole scale di pietra incastonate nei muri a secco. Dal fondovalle, dal fiume, dai trecento metri, ci si inerpica da una  piccola terrazza all’altra con pendenze da condotta forzata.

Vigna_arpepePer me è tornare ragazzo, tante suole di scarponi ho consumato su queste pietre iniziali per arrivare in alto, lassù sui monti di Valtellina. Sotto il sole di queste vigne che guardano il mezzogiorno o la neve , spesso precoce, ottobrina. Quelle scritte che si facevano, con il proseguire della salita, sempre più grandi,  Grumello, Sassella, Inferno. Nomi di vini, per noi lecchesi, destinati al giorno di festa, anche allora rari, preziosi, vini che il babbo invecchiava gelosamente in cantina, da cui uscivano per le grandi occasioni. Chiavennasca, ovvero nebbiolo adattato a questa terra, tanto diverso dalla blasonata Langa o dallo spigoloso nord Piemonte.

uve chiavennasca, nebbiolo di valtellina

Poco prima di Sondrio scorgo le grandi scritte sui muraglioni che sostengono la carrozzabile, prima Vigna Regina a fianco, immediatamente, Rocce Rosse. Avete ormai capito quelle è la meta, il tempio del vino di Valtellina, oggi Ar.Pe.pe, ieri, a me piace ancora pensarlo così, Arturo Pelizzatti Perego. Attraverso rapidamente la città, ricompaiono le scritte sui muri a secco, Grumello. Ecco ci siamo. Isabella e  Emanuele ci accolgono in cantina, bellissima, scavata nella roccia viva. E’ tempo di vendemmia, il profumo delle prime vasche di mosto riempie i locali.

botti nella cantina arpepe

La prima cosa che colpisce l’occhio sono le botti grandi dove i vini si affinano per lunghi anni. Niente strani macchinari, solo vasche per la vinificazione, una pompa per i travasi, botti e qualche tino troncoconico per gli affinamenti. Qualche tonneaux e qualche barrique per gli esperimenti. Ordine e pulizia regnano. Poi il locale di affinamento in vetro, interminabili scaffalature dove le gabbie contenenti le bottiglie sostano per lunghi anni. Comodamente seduti davanti ai piatti di tradizione valtellinese, pizzoccheri e sciatt (tagliatellone a base di grano saraceno condite con burro di malga, formaggio casera e biete e tocchetti di patate lessate nell’acqua di cottura della pasta il primo, e tocchetti di formaggio  impastellati e fritti  accompagnati  da cicoria tagliata finissima il secondo) assaggiamo confrontandoli il Rosso di Valtellina 2004 e 2006 (annata non ancora in commercio), parliamo di questa viticultura di montagna, delle difficoltà incontrate, dei legami tra terra tradizione e ovviamente di vini. Che si tratti di viticultura eroica non ci sono dubbi, la maggior parte delle lavorazioni in vigna sono manuali, basti pensare alla vendemmia effettuata in piccole casse da 10 kg spesso trasportate in spalla fuori dalle vigne, con l’ausilio di uno speciale zaino, oppure alle operazione di zappatura manuale o dei trattamenti sanitari pure questi effettuati con il contenitore del liquido in spalla.

le vigne di arpepe in sassella

Ovviamente la vendemmia è manuale con cernita in vigna dei grappoli, cosi come le operazioni di sfogliatura e cimatura dei tralci. L’orgoglio dei valtellinesi qua esce fuori, i collaboratori dei Pellizzatti Perego sono quasi tutti giovani di Valtellina, legati a doppio filo ad una terra tanto aspra quanto amata. Tradizionalissimi i vitigni, oltre ovviamente alla Chiavennasca, solo un poco di Coda di Volpe di Valtellina e un poco di Pinot nero. Lunghe macerazioni per la tradizione in cantina, legni grandi e tanto vetro per gli affinamenti. Il risultato è di spiccata eleganza, finezza, rispetto dell’annata. Le riserve qua sono assolutamente vere, prodotte dai vari cru solo ed esclusivamente quando l’andamento climatico lo permette. I vini vengono messi in vendita a maturazione completata, spesso anche oltre 10 anni dalla vendemmia, ma sono vini che potete anche scordare in cantina e mettere in tavola in una occasione di festa grande. Abbinamenti? Cacciagione di pelo, grandi formaggi stagionati a pasta dura, perfetto sarebbe un autentico Bitto, e rispettando la tradizione del vicino Lario pesce di lago importante, come una grossa trota lacustre al cartoccio, una grigliata di agoni, un lavarello (coregone) alla pioda. Da non dimenticare la cucina di tradizione Valtellina, oltre i già citati pizzoccheri e sciatt, i piatti a base di polenta di grano saraceno e formaggi, la bresaola ( mi raccomando, senza limone!) o quel grande salume che è il violino di capra o la Slinzega.

pizzocheri a fine cottura

Permettetemi per concludere due parole su quel grandissimo vino a vendemmia molto tardiva che è “Ultimi Raggi”, la risposta di Arturo Pelizzatti alla moda degli Sfurzat. A questa bottiglia di vino pieno secco di grande volume ed impatto abbinate un camino acceso, la vostra musica o il vostro libro libro preferito. Meglio se fuori nevica. Un grandissimo grazie ad Isabella e Emanuele per il tempo che che ci hanno dedicato, per i loro grandi vini, e, forse la cosa più importante, per la salvaguardia delle tradizioni di una terra che rischiano di scomparire schiacciate tra mode momentanee e cedimenti al modernismo in vigna e cantina.

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