La Stoppa (Emilia Romagna – Piacenza)
Parlando della Stoppa vengono subito in mente i nomi dei suoi vini: Stoppa, Macchiona, Vigna del Volta, Buca delle Canne, Ageno. I nomi dei suoi vini emergono rispetto al territorio in cui si trova a lavorare, i colli piacentini. La Val Trebbiola – una piccola parte della Val Trebbia – costituisce quasi un terroir a se stante, molto calda e con terreni molto magri. Elena Pantaleoni e Giulio Armani sono riusciti con caparbietà e sapienza a ritrovare il sapore di una terra e di un territorio arrivando a capirlo e rispettarlo per ciò che di meglio può dare: vini rossi importanti da lungo invecchiamento e vini bianchi dalla personalità forte e inconfondibile. L’azienda, fondata a metà Ottocento dall’avvocato genovese Ageno, fu acquistata dalla famiglia Pantaleoni nel 1973, allora i vigneti contenevano una grande varietà di vitigni, principalmente francesi. Dopo un lungo periodo di studio e sperimentazione le varietà locali tradizionalmente e storicamente presenti nella zona del piacentino sono risultate quelle che meglio si adattavano al microclima e dal 1996 sono state privilegiate queste cultivar, per cui oggi la Barbera e la Bonarda occupano la maggior parte della superficie coltivata, seguiti dalla Malvasia di Candia Aromatica, il Cabernet Sauvignon e il Merlot.
L’azienda si estende su 58 ettari, 28 destinati a boschi e querce, castagni e robinie e 30 a vigna. Questo lavoro di ricerca e osservazione dei vitigni in relazione al territorio non poteva che condurre all’eliminazione di ogni intervento invasivo sia in vigna che in cantina: i trattamenti della vigna sono ridotti al minimo indispensabile e fatti esclusivamente con rame e zolfo, le lavorazioni in cantina effettuate senza l’impiego di tecnologie ma solo degli strumenti che servono per lasciare che la natura trasformi ciò che ha creato. Equazione molto semplice: portando in cantina uva perfettamente sana ed integra che si è cibata del proprio terroir il solo lavoro che l’uomo può svolgere è quello di rispettoso accompagnamento. I vini della Stoppa contengono tutto questo.
Degustare diverse annate della Macchiona (uvaggio di barbera e bonarda, lo stesso del Gutturnio) è un vero e proprio viaggio nel tempo, un modo per ripercorrere le diverse stagionalità e gli andamenti climatici che hanno fatto crescere l’uva in un modo piuttosto che in altro. Ed è normale trovarsi in cantina a dover scegliere tra l’acquisto di diverse annate: i vini vengono messi in commercio quando sono pronti per essere bevuti e a volte occorrono molti anni prima che Elena e Giulio decidano di proporli, un esempio è l’annata 2002 che stiamo ancora aspettando e che si preannuncia veramente un grande vino.
La ricerca sulle potenzialità delle uve ha portato la Stoppa a creare il Passito di Malvasia Vigna del Volta. La Malvasia di Candia aromatica sui colli piacentini era ormai utilizzata quasi esclusivamente per ottenere vini frizzanti e beverini. Solo nel Vinsanto di Albarola veniva usato l’appassimento per ottenere un vino di cui conosciamo l’eleganza e la potenza. Il successo del Vigna del Volta ha aperto una strada che oggi molti produttori piacentini stanno percorrendo e il passito di malvasia rappresenta oggi uno dei vini d’eccellenza del territorio.
Discorso solo in parte simile per l’Ageno, con questo bianco la Stoppa propone una rivisitazione della tradizionale vinificazione sulle bucce dei bianchi casalinghi piacentini. Uvaggio di diversi vitigni (Malvasia di Candia Aromatica, Ortrugo e Trebbiano) in modo da ottenere equilibrio e complessità sia olfattiva che gustativa e durata nel tempo. Grazie alla presenza di una buona dose di tannini, che hanno proprietà antiossidanti e di cui la buccia della Malvasia è ricca, è stato possibile evitare l’aggiunta di anidride solforosa in ogni momento del processo di vinificazione.
Le bottiglie della Stoppa in Italia portano il marchietto Triple A, questo è uno di quei casi in cui la definizione di agricoltore, artigiano, artista calza a pennello. Agricoltori consapevoli della propria identità che hanno saputo costruire e sviluppare la propria idea di viticoltura, artigiani sapienti capaci di sviluppare le tecniche (non tecnologie!) che servono per svolgere il proprio lavoro, artisti quanto basta per immaginare una strada.