Il 4 dicembre 2013 Unesco ha riconosciuto il metodo tradizionale di vinificazione georgiano nelle anfore, Qvevri, come patrimonio intangibile dell’umanità. Il riconoscimento è avvenuto nel corso dell’8a sessione del Comitato Intergovernativo per la Protezione del Patrimonio a Baku, in Azerbaijan. Sul sito dell’Unesco questa tradizione georgiana viene descritta così: “Il metodo di vinificazione Qvervi prende il nome dal particolare vaso di terracotta ovale – il Qvevri – in cui il vino fermenta ed è riposto nei villaggi e nelle città in tutta la Georgia. La tradizione gioca un ruolo vitale nella vita di tutti i giorni e nelle festività e, insieme al vino e alle vigne frequentemente evocate nelle tradizioni orali e nelle canzoni, costituisce una parte inseparabile dell’identità culturale delle comunità georgiane. La conoscenza di questo patrimonio è stato tramandato dalle famiglie, dai vicini e dagli amici, tutti coloro che partecipano alle attività condivise di vendemmia e vinificazione.” Su richiesta dall’Unesco è stato realizzato un breve documentario su questo tipo di vinificazione dal titolo “Qui vive il vino” diretto da Merab Kokochashvili.
Questo riconoscimento è particolarmente significativo per noi che ci occupiamo di vino, di vini naturali e vini di tradizione in particolare. Grazie a Nicola Finotto, che con Iamwine importa alcuni vini georgiani, abbiamo potuto incontrare un pezzettino di Georgia durante lo scorso Vini veri a Cerea ed è stato un incontro davvero emozionante: queste persone oltre al vino hanno portato con se l’amore per il vino, la sua sacralità, la convivialità che scaturisce dall’essere e bere insieme attorno alla stessa tavola. Come un tempo succedeva in Italia, il vino viene fatto quasi in ogni casa, è alimento e elemento religioso/spirituale al tempo stesso ed è ancora il vino che scandisce tutti i momenti importanti di un’intera vita. Il riconoscimento dell’Unesco alla tradizione Georgiana è per me un riconoscimento anche a quell’Italia contadina che oggi non esiste più e che non poteva accogliere in casa un ospite senza offrire un bicchiere del proprio vino o del vino più buono che era stato fatto nella propria zona.
Oggi in Italia diversi produttori stanno iniziando a sperimentare le vinificazione nelle anfore, ma è una strada per noi nuova che non appartiene alla nostra cultura e alla nostra tradizione. Si dice spesso che la Georgia è la culla del vino, che lì è nato, e infatti i reperti archeologici che segnalano una produzione di vino anche in grandi quantità sono numerosi. Da sempre si sono utilizzati i Qvevri come strumento per la vinificazione e la conservazione, queste particolari anfore hanno in media una capacità di 1000 litri, sono fatte di argilla cotta in forni a legna a una temperatura di circa 950° per tre giorni e tre notti, quindi sono coperte di cera e vengono interrate nelle cantine dove il vino riposa chiuso ermeticamente e a temperatura naturalmente stabile. I Qvevri vengono costruiti ancora artigianalmente e con l’idea che debbano durare nel tempo, nelle cantine georgiane se ne usano ancora alcuni che hanno oltre 250 anni. La forma affusolata è un importante elemento tecnico, l’uva viene infatti pigiata con i piedi e il mosto viene lasciato colare nei qvevri insieme a bucce e vinaccioli che andranno a depositarsi sul fondo riducendo la superficie di contatto con il vino e il rilascio di tannini amari.
Per saperne di più vi consigliamo la visione del documentario realizzato per l’Unesco (qui sotto), ma anche di approfittare delle conoscenze di Nicola Finotto che sul suo sito Iamwine.it ha messo a disposizione molti interessanti materiali e che invitiamo a correggere eventuali imprecisioni in questo articolo. E ovviamente, vi invitiamo ad assaggiare i vini georgiani, sono il modo migliore per capire un’altra cultura.