vini, persone, territori, tradizioni

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Tempo di decisioni: i Vignaioli Indipendenti FIVI al rinnovo del Consiglio Direttivo

La FIVI – Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti è l’unico organismo in Italia che raccoglie aziende agricole produttrici di vino che seguono la produzione dalla vigna alla cantina. Sabato 6 luglio 2013 scade il mandato al Consiglio Direttivo eletto 3 anni fa, composto da 15 membri eletti dall’assemblea dei soci e presieduto dal valdostano Costantino Charrère. Gli associati saranno quindi chiamati in assemblea per il rinnovo delle cariche sociali, ma cosa ha fatto questa FIVI nei suoi primi cinque anni di vita?

Bottiglie con logo FIVI

Molto meno di quanto i vignaioli italiani avrebbero bisogno in questa disastrosa situazione che vede l’agricoltura nel suo insieme – e il settore vitivinicolo a ruota – cedere sotto i colpi dell’industria agroalimentare, delle banche, del commercio. Non è cosa facile, ma se così non funziona bisogna chiedersi il perché e cambiare rotta e il rinnovo del Consiglio Direttivo è il momento giusto per farlo. Facendo riferimento ai dati pubblicati sul bollettino dei Vignaioli Indipendenti del settembre 2012 vediamo che:

  • il 40% delle 650 aziende associate (ovvero la maggioranza) produce uva secondo i disciplinari dell’agricoltura biologica o biodinamica
  • la dimensione media è di 10 ettari per azienda (sfogliando il catalogo del Mercato dei Vini ci accorgiamo però che molti associati non superano i 5 ettari)
  • la produzione di uva media per ettaro è di 60 quintali, il che denota una produzione improntata alla qualità

Ecco l’identikit dell’associato FIVI, ma questo associato tipo è rappresentato dalle scelte operative del Consiglio Direttivo uscente?

In diverse occasioni il Presidente Charrère ha dichiarato che la politica agricola oggi si fa in Europa, ma cosa vuol dire? Abbandonare completamente il lavoro all’interno delle istituzioni italiane? Certe problematiche sono del tutto italiane, come il pesante carico burocratico e l’inadeguatezza normativa nel comparto vitivinicolo che grava sulle imprese vitivinicole di piccole dimensioni. Per questo abbiamo – personalmente – insistito con il Consiglio Direttivo perché la FIVI si occupasse di questo problema, così nel 2011 è stato redatto il “Dossier burocrazia” di cui alcuni consiglieri si sono occupati e di cui ora non si sente più parlare… che fine ha fatto?

Guardando dall’esterno si ha l’impressione che gli italiani si stiano semplicemente adeguando alle decisioni prese in Francia – dove invece i Vignerons Independents hanno una lunga storia e sono molto forti – rafforzando semplicemente la volontà dei francesi in sede europea. I vignaioli italiani sono abituati a non contare nulla e a subire le decisioni prese da chi è più grande di loro, infatti all’interno di molti consorzi di tutela il voto vale in base agli ettolitri prodotti. Per questo quando nel 2008 la FIVI annunciò che le decisioni sarebbero state prese con il meccanismo di “una testa un voto” sembrava una cosa straordinaria, finalmente anche i piccoli produttori potevano contare qualcosa mettendosi insieme.

E invece il meccanismo di voto è stato modificato (o votato così com’è ora alla stesura dello statuto) e oggi chi conta di più sono le associazioni locali, citiamo dallo Statuto FIVI:

“Nell’Assemblea ciascun socio ha diritto a un voto.
Il socio può rilasciare delega scritta ad altro socio. Nessuno può essere portatore di più di tre deleghe.
Il voto della Associazione federata è espresso dal delegato della Associazione ed esprime tante unità di voto quanti sono i singoli soci aderenti alla Associazione.”

Ergo: il voto del delegato dell’Alto Adige conta quanto i 79 associati della FWS, quello del delegato del Trentino quanto i 70 associati dei Vignaioli del Trentino, per la Val d’Aosta conta 34, per le Langhe conta 18, per la zona del Soave 11. Il voto di 5 persone (di cui 4 siedono nel Consiglio Direttivo uscente) vale 212, mentre tutti gli altri il giorno dell’assemblea dovranno recarsi personalmente a Colorno per votare e devono riuscire a superare questo numero per mandare in Consiglio chi pensano che li possa rappresentare.

Ulteriore inghippo burocratico: un vignaiolo che voglia associarsi alla FIVI in un’area in cui è presente un’associazione locale non può farlo direttamente e ogni associazione locale ha stabilito regole diverse per i propri soci. A Soave chi aderisce ai Vignaioli Indipendenti non deve far parte del Consorzio, in Franciacorta non deve acquistare uva e così via. A livello nazionale questo meccanismo impedisce l’eventuale dissenso tra l’associato di un’associazione locale e la propria associazione di appartenenza anche se a livello nazionale ci potrebbero essere i numeri.

Credo che la Fivi abbia bisogno di forze nuove e di nuove regole che possano consentire la partecipazione – e garantire la rappresentanza – anche a chi è meno forte economicamente (le tantissime imprese familiari o le imprese “one-man-band”) o geograficamente (tutti i consigli si tengono a Colorno), occorre lasciare spazio a chi vuole un cambiamento reale nelle condizioni di lavoro dei vignaioli italiani. Solo così, con i fatti, è possibile la crescita di questa giovane associazione (nata nel 2008) che oggi conta poco più di 700 associati e che deve vedersela in Italia con associazioni molto più forti e consolidate che raccolgono altre figure professionali del mondo del vino: Assoenologi (Associazione nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli) presieduta dall’enologo Riccardo Cotarella nata nel 1891 e che raccoglie oggi quasi 4.000 tecnici; Federdoc (Confederazione Nazionale dei Consorzi volontari per la tutela delle denominazioni di origine) nata nel 1979 e attualmente presieduta da Riccardo Ricci Curbastro; Federvini (Federazione Italiana Industriali Produttori, Esportatori ed Importatori di Vini, Vini Spumanti, Aperitivi, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti ed Affini) nata nel 1917 e attualmente presieduta da Lamberto Vallarino Gancia. Se proprio vogliamo allargarci persino i degustatori e i sommelier hanno da tempo immemore la propria associazione, l’AIS. All’interno delle associazioni agricole (Coldiretti, Confagricoltura, Cia) la vigna e il vino hanno sempre avuto poco spazio forse perché i grandi numeri giocavano le proprie carte in altre associazioni a cominciare dalla Federvini.

Se queste associazioni difendono in Italia accanitamente i propri interessi anche i Vignaioli devono fare lo stesso, ma che gli interessi difesi siano quelli reali, quotidiani, importanti per ogni piccolo vignaiolo italiano.

 

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