Venne il giorno della tripla verticale. Line-up pazzesca, Emanuele Pelizzatti Perego presente e prontissimo a spiegare, farci capire e anche ad interrogarsi con noi. Ci siamo presi tutto il tempo che necessitava, abbiamo assaggiato a pranzo con estrema calma, accompagnando i vini con le portate adeguate:
- Antipasto di salumi: Rocce Rosse
- Cinghiale stufato al Sassella con polenta: Vigna Regina
- Formaggi: Ultimi Raggi
Da dove vengono questi vini? Da tre vigne: due affiancate Vigna Regina e Rocce Rosse, e sopra, in località Ere, quella che piglia gli “Ultimi Raggi” del sole al tramonto.
Tre “cru”, metteteci pure l’aggettivo “grand” davanti.
Terrazze sulla valle dell’Adda, muri a secco che riescono a tenere in piedi fisicamente una montagna, e, nemmeno tanto metaforicamente, reggono l’economia di valle.
Unico vitigno la Chiavennasca, nebbiolo adattato a questa terra ormai da secoli (1500?).
Abbiamo a che fare con quella viticoltura di montagna che ci piace, e qui lo è davvero, eroica.
Una buona parte delle uve raggiunge la cantina sulle spalle dei vendemmiatori, i trattamenti in molte parcelle sono effettuati a mano, con l’atomizzatore in spalla.
I muri a secco che reggono le terrazze sono costruiti a mano, pietra su pietra come si è fatto per migliaia di anni.
I dislivelli sono pazzeschi, le vigne partono dal fondovalle per arrivare ai 700 metri, e dalla sommità della vigne vedi la statale 36 li sotto, in fondo allo strapiombo.
Tutte le vigne sono impiantate sullo stesso substrato dove micascisti, gneiss e granito si toccano. La differenza tra un cru e l’altro viene data dallo spessore della “cotica” ovvero lo strato di terra fertile.
Vigna Regina è la vigna dove lo strato di terra fertile è più sottile, varia da 40 a 50 centimetri, Rocce Rosse un poco più spesso e “Ultimi Raggi” su spessori simili.
Gli impianti sono da sempre fitti, e ulteriormente infittiti con l’arrivo della terza generazione Pelizzatti Perego, le fallanze vengono rimpiazzate appena la stagione lo permette.
In cantina vengono utilizzati i lieviti autoctoni delle uve (solo eccezionalmente, quando l’annata è pessima viene dato qualche aiutino), le macerazioni sono di lunghezza variabile a seconda dell’annata e dello stato delle uve, i legni sono grandi botti grandi all’italiana e troncoconici di notevoli dimensioni. Insomma legni degni, sia per capacità che per nobiltà delle essenze, dei lunghissimi affinamenti a cui i Pelizzatti ci hanno abituato.
I vini che abbiamo bevuto (si proprio bevuto con sommo piacere, non assaggiato) sono tutte riserve prodotte solo nelle annate in cui le uve lo consentono, altrimenti vengono prodotti altri vini come il Grumello Rocche del Piro, o il Sassella Stella Retica, oppure in annate particolarmente sfortunate, confluisce il tutto nel Valtellina Rosso (base economico, quanto spettacolare).
Una riflessione che ha coinvolto tutti gli amici, appassionati bevitori, presenti è la capacità del nebbiolo di leggere il terreno. Vengono subito alla mente altre zone altre bottiglie. Barbaresco diverso da Barolo, Cannubi diverso dall’Annunziata, Gattinara diverso dalle Coste del Sesia. Qui la differenza si nota forse ancora di più, tre vigne attigue eppure sono 3 vini nettamente diversi. Più rotondo il Rocce Rosse, maggiore verticalità e potenza per il Vigna Regina. Un discorso a se invece va fatto per “Ultimi Raggi”, è una vendemmia tardiva, molto bello in solitaria ma ancora non raggiunge le vette dei 2 altri cru. A mio parere è un vino ancora troppo giovane, da lasciare in cantina per berlo con almeno 15 anni sulle spalle, oppure stappatelo in solitaria con un bel bitto (storico) stagionato a puntino.
Ringraziamo Emanuele per la presenza e, soprattutto, per la pazienza nel sopportare le nostre domande. E’ stato il mio miglior eno-pranzo di sempre (grazie anche agli altri commensali).
Veniamo alle note di assaggio:
Valtellina Superiore Sassella Rocce Rosse 1996 – tra tutte le annate degustate, questa sicuramente è segnata da una certa rusticità, anche se svetta per complessità oltre la media; si tratta del classico vino “ancient regime”, leggermente velato, ma che dopo appena mezz’ora nel bicchiere riesce a sbuffare fuori dal calice profumi bellissimi: dalla china alle erbe mediche, passando per intense note di radici, liquirizia, tabacco dolce, cenere e cacao. Sentori metallici-rugginosi a fare da tappeto aromatico. Grande.
Valtellina Superiore Sassella Rocce Rosse 1997 – millesimo che si distingue completamente dagli altri degustati per via dell’annata più calda; calore che si avverte chiaramente a cominciare dal colore mediamente più fitto e opaco. Inaspettatamente il vino mostra comunque una buona compattezza aromatica e un certo rigore alla beva, evitando sbandamenti e/o mollezze di vario tipo; anzi, l’acidità è in evidenza e a tratti risulta persino leggermente scomposta. Non un campione ma un’ottima e curiosa bottiglia.
Valtellina Superiore Sassella Rocce Rosse 1999 – si ritorna ad un’annata classica. Austero al naso, sebbene ancora scorbutico: note di arancia matura condita da rimandi autunnali e odori scuri di radice, pepe e tabacco. Soffuso, ma netto, l’odore di pietra bagnata e ruggine. Di grande eleganza e portamento alla beva; i tannini sono fini e il retronaso è imponente, laddove regnano bellissimi aromi di fiori macerati. Grande vino, senza troppi dubbi.
Valtellina Superiore Sassella Rocce Rosse 2001 – annata a mio giudizio non eccellente, il vino ha un profilo aromatico più flebile del solito, risulta privo di quella consueta dinamicità e ricchezza che caratterizza altre versioni. Al naso dominano aromi di frutta rossa, camino spento e the, mentre alla beva è di discreto allungo e persistenza. Buono, ma non indimenticabile.
Valtellina Superiore Sassella Rocce Rosse 2002 – campione assoluto e, per il sottoscritto, vincitore indiscusso della giornata: gli aromi nasali sono una festa di arance rosse freschissime, fiori bianchi, ruggine e china. Alla beva è sensazionale per capacità di allungo, finezza della trama, setosità dei tannini. Rigoroso nel portamento, goloso lungo tutto il palato ed esuberante nel finale, dove sfocia in un tripudio di fiori macerati. Grandissimo vino.
Valtellina Superiore Sassella Vigna Regina 1995 – analogamente al Rocce Rosse pari annata il vino mostra alcune imprecisioni, sebbene l’ampiezza aromatica sia notevole: alcune note animali-cuoiose accompagnano il frutto chiaro ancora vivo, un curioso finocchietto e, sopratutto, tante sventate eucliptose e balsamiche che tendono, con il passare del tempo, a divenire predominanti. L’impressione è di essere di fronte ad un gran bel vino, probabilmente in una bottiglia non perfettamente a posto.
Valtellina Superiore Sassella Vigna Regina 1999 – probabilmente una delle migliori edizione di questo vino mai capitate al sottoscritto, alle note di frutta chiara agrumata e tropicale si aggiungono addirittura le tonalità chiare e dolci della pera. Poi tanto eucalipto, erbe medicinali, una incredibile nota speziata di pepe bianco; in sottofondo, sentori minerali come di greto di torrente. Alla beva è imponente e esuberante, gli si potrebbero richiedere qualche imperfezione e sbavatura in meno e saremmo davvero di fronte ad un grandissimo. Ci si accontenta.
Valtellina Superiore Sassella Vigna Regina 2001 – le impressioni sono anche qui simili a quelle relative al Rocce Rosse 2001: il millesimo non dà l’idea di essere tra i più precisi e affascinanti, e il registro aromatico fatica ad andare oltre al frutto rosso, il cacao dolce e le sensazioni autunnali-cenerose. Discreto attacco e di medio allungo alla beva. Corretto.
Valtellina Superiore Sassella Vigna Regina 2005 – il vino è ancora giovanissimo, quasi vinoso nei primi minuti di bicchiere. Con il passare del tempo cresce tantissimo, e probabilmente questa è davvero un’altra grande annata: erbe mediche, liquirizia, frutta chiara matura. Ottima dinamicità e splendido carattere alla beva. L’acidità e il tannino, come è normale aspettarsi, sono un filo in evidenza ma è ragionevole ritenere che il tempo possa venire in soccorso.
Sassella Ultimi Raggi 2004 – colore rubino intenso, naso un po’ indefinito tra la frutta matura, erbe aromatiche e floreali rosse vigorose. Il tannino è docile e lungo il palato è di bella distensione; nessuna fastidiosa dolcezza, di ottima beva e struttura, molto accattivante.
Sassella Ultimi Raggi 2005 – vino straordinario: a un naso dotato di una complessità fuori scala che abbraccia i più disparati registri si affianca una struttura ed un energia di altrettanta rarità; peccato solo per un tannino forse ancora troppo ruvido, ma anche qui sarà sufficiente attendere la giusta maturazione. Bellissimo.
Sassella Ultimi Raggi 2006 – ancora giovanissimo, quasi vinoso e primario, difficile da giudicare; beva comprensibilmente scontrosa e di medio attacco. Vedremo come evolverà anche se non sembra comunque avere la stessa stoffa e il carattere della precedente annata.
Note introduttive di Paolo Rusconi, note di degustazione di Francesco Amodeo