Ci sono vini a cui si perdona tutto, il residuo zuccherino del 2004, la (relativa) pesantezza del 2003, ma in questa annata non c’è nulla da perdonare, se non la giovinezza, ma questa se ne andrà con gli anni di cantina. Mi avvicino al vino con un attimo di titubanza, chi lo ha assaggiato prima di me ha avuto pareri molto contrastanti. Tre bicchieri il Gambero Rosso, mentre alla novella guida targata SlowFood non è piaciuto per nulla.
Solito rubino carico nel bicchiere, limpido. Annuso, frutta rossa matura, spezia e una spiazzante nota dolce, non zuccherina, nemmeno da legno, somigliante a quella dei sangiovesi toscani di razza. La spezia della bonarda va e viene, sovrapponendosi a questa nota dolce e alla ciliegia dominante sugli altri frutti rossi. Piccoli sprazzi di lampone fanno ben sperare per l’evoluzione di questi profumi con l’invecchiamento. L’insieme richiama un’immagine di bella freschezza. La bocca è perfettamente corrispondente, potente, dai tannini fitti ed eleganti, mai fastidiosi. Residuo zuccherino assente o quasi, acidità ben presente e perfettamente integrata, grande piacevolezza di sorso. Finale lungo con ritorni di quella nota dolce per via retronasale.
Da bere ora se vi piacciono i vini giovani, tra 5 o 10 se preferite quelli maturi. Futuro radioso davanti, sempre che disponiate di una cantina decente. Adattissimo alla vendita a bicchiere, regge tranquillamente a tre giorni dall’apertura senza particolari accorgimenti. Noi lo abbiamo abbinato a delle semplicissime costate di manzo, regge tranquillamente anche piatti ben più impegnativi. Fate uno sforzo e conservate l’ultimo bicchiere per i formaggi, meglio se vaccini a pasta dura di media stagionatura questa Macchiona 2006 ci sta davvero d’incanto.
Concludo: tre bicchieri meritatissimi ora, 3 bicchieri e mezzo pensando alla possibile evoluzione.