vini, persone, territori, tradizioni

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Sol di Ezio Cerruti, o dell’esaltazione delle differenze

Imbattersi nel Sol – Moscato passito di Ezio Cerruti non è mai un’esperienza banale, specie quando si hanno a disposizione tutte le annate prodotte. Questo vino, anomalo e sovversivo fin dalla concezione, stupisce per alcune caratteristiche peculiari – prime fra tutte una dolcezza che non sconfina mai nella stucchevolezza e una notevole pulizia olfattiva – ma soprattutto per quella linearità stilistica che rappresenta il filo conduttore di millesimi anche profondamente diversi tra loro.

le bottiglie della verticale di Sol di Ezio Cerruti

I campioni assaggiati al Ristorante Tastevin di Asti (dal 2001 al 2006 tutti tranne il 2002, non realizzato, e con il 2005 in versione sia classica che botritizzata) da Sorgentedelvino.it in compagnia dello stesso Ezio Cerruti e di amici come Beppe Rinaldi e Augusto Cappellano hanno raccontato un prodotto che, per quanto inequivocabilmente caratterizzato in ogni annata, è sempre contraddistinto dalla ricerca di un equilibrio fondato su un dialogo tra zuccheri, alcool e acidità che non gli impedisce di essere in ciascuna occasione specchio fedele degli andamenti climatici. Cose che succedono, quando un vignaiolo crede senza riserve alle potenzialità di vitigno e territorio e ha un approccio estremamente umile nei confronti della natura.

Ezio Cerruti ha esaurito il suo farsi interprete del moscato nella scelta di un metodo – l’appassimento dei grappoli in vigna, sulla pianta – e di un orientamento, quello naturale. Fine. Tutto il resto lo fanno l’uva, il territorio, il clima, il vino. Tra i filari, nessun ricorso alla chimica; in cantina non si va oltre qualche travaso, e solo se è indispensabile. Il livello di solforosa non segna mai oltre 50 grammi per litro, vale a dire meno della metà di un bianco generico. Verrebbe la tentazione di parlare di filosofia non interventista, non fosse che si tratta di un atteggiamento che tutto è fuorché passivo: il Sol è – e lo è intenzionalmente – un vino che assume una valenza squisitamente politica perché è concepito nell’ottica dell’esaltazione delle differenze, vale a dire l’esatto contrario dell’omologazione globalizzata che rappresenta tanta produzione proprio a partire dalla zona del Moscato. Ezio Cerruti

Il Sol – Moscato Passito è una presa di posizione in piena regola, è un affronto alla serialità; un vino che riesce a cambiare senza tradire sé stesso, come dimostra ad esempio il confronto tra annate quasi diametralmente opposte come la 2003 e la 2004, ma alle volte anche quello tra singole bottiglie. Cerruti era perfettamente cosciente di questi aspetti, quando ha deciso di intraprendere una strada carica di rischi e incognite che ha scelto proprio perché era l’unica consona al suo carattere e al suo modo di vedere le cose. E allora eccoci alle prese con un passito capace di rompere gli schemi, distante dagli esercizi di concentrazione che contraddistinguono buona parte dei prodotti appartenenti alla categoria e forte di una complessità aromatica che deriva dalla pratica dell’appassimento in vigna, vale a dire dall’esposizione prolungata dei grappoli all’umoralità e all’imprevedibilità dell’autunno. Un microclima favorevole e un terreno ricchissimo di calcio fanno il resto, insieme all’umiltà e alla tolleranza nei confronti dell’imperfezione che caratterizzano la filosofia di Ezio Cerruti.

Il fascino del Sol, in fondo, sta anche nel suo essere eternamente irrisolto: perfino quando, come nel caso del 2001, abbiamo a che fare con un vino caratterizzato da una profondità e da una personalità notevoli, capace di un equilibrio quasi impossibile tra eleganza e potenza.

Il confronto tra le annate ha evidenziato una sostanziale continuità in termini stilistici – il vino che somiglia di più al primo è il 2006, vale a dire l’ultimo – ma anche la disponibilità del produttore a confrontarsi con il dubbio e ad accettare le sfide, come ha dovuto fare in particolar modo nel caso delle annate 2004 e 2005: la prima (oggi esemplare in quanto a nettezza, mineralità e freschezza) ha rischiato addirittura di non andare in bottiglia mentre la seconda, complicata e di difficile lettura, è stata prodotta anche nella versione Botritys.

Un discorso a parte vale per il 2003, annata siccitosa e torrida che presentava rischi notevoli per un prodotto come il Sol: il vigneron di Castiglione Tinella, già costretto a non imbottigliare l’anno precedente, ha raccolto la sfida riuscendo a dare vita a un millesimo che, per quanto ricco e caldo, riesce a non risultare aggressivo e continua a limare gli eccessi con la complicità del tempo. Quanto al Botritys 2005 (campione di una tipologia che diversi enologi vedono come una sorta di “aberrazione enologica” forse perché tecnicamente figlio di una malattia che è tuttavia disidratante e non degenerativa), un parere definitivo va rimandato poiché i margini evolutivi sono notevoli, ma possiamo già parlare di un’intuizione assolutamente positiva. Del Sol si è già detto cerruti-sol-2-bicchierimolto, talvolta forse rasentando l’equivoco: lo si è paragonato a prodotti del sud quando già a livello attitudinale è un vino realizzato pensando alle caratteristiche degli omologhi del nord (Francia e Germania); lo si è descritto alla stregua di un vino d’elite quando non lo è – né e concepito per esserlo – nel prezzo né nelle caratteristiche. Ezio Cerruti non ha mai cercato di somigliare a qualcosa che non fosse sé stesso e ha fatto di tutto affinché la cosa valesse anche per il suo vino, riuscendoci. Per farlo è stato tuttavia costretto a rivolgere lo sguardo altrove rispetto a una terra e a un vitigno caratterizzati da sovrapproduzione ed esasperazione tecnologica. Ma non è dovuto andare troppo lontano: lo sa bene Beppe Rinaldi, che insieme a Baldo Cappellano ha visto crescere questo produttore e il suo vino nel segno di una vocazione artigianale della quale è stato modello e ispirazione. Per capire quale sarà il futuro del Sol è sufficiente guardare indietro, insomma, perché è del tutto evidente come Ezio Cerruti sia innamorato del suo vino e non abbia alcuna intenzione di snaturarlo: impossibile dargli torto, dal momento che ha trovato proprio nel Sol una maniera unica di farsi interprete della sua terra e di raccontare una visione del mondo.

Piccole note di degustazione

Nota comune  a tutti gli assaggi. Massa zuccherina imponente, equilibrata da acidità e tessitura, spettacolarmente quasi non avvertibile, se non nell’estremo 2003. Pulizia olfattiva estrema. Vino che non sta a nord, nemmeno a sud. Territoriale e personale,  solo come sanno fare i grandi vini di grandi viticoltori.

2006 – Da pochissimo in bottiglia, già si capisce che sarà campione. Pieno elegante, intenso il naso, grande equilibrio. Bocca che deve assestarsi, lasciate al tempo la possibilità di lavorare per voi. dategli almeno un paio d’anni di cantina, aprirete una bottiglia meravigliosa.

2005 – Figlio di una annata balorda, riesce comunque ad esprimersi su buoni livelli. Naso tra spezia e frutta gialla, susina su tutto, note di botrite, a tratti funghigno. In bocca potente più che elegante.

2004 – La leggerezza e la classe. Nervoso scattante come un peso leggero, tira cazzotti impensabili. Non esplosivo ma finissimo il naso, sussurri di grande complessità. Bocca decisamente appagante, corrispondente al naso. Bellissimo da bere ora.

2003 – Mediterraneo, come il film di Salvatores. Denso, quasi oleoso, intenso al naso, con qualche nota di surmaturazione di troppo. In bocca la dolcezza la fa da padrona, pur senza arrivare alla stucchevolezza. Con il salire della temperatura mastichi, letteralmente, una albicocca secca .

2001 – Somma eleganza, struttura tosta, finissimo. Nello stesso tempo vorresti ascoltarlo a lungo e vuotare il bicchiere. Incredibilmente complesso al naso, dove spezie, cuoio, frutta gialla si rincorrono, alternano e mescolano. Perfettamente corrispondente la bocca. Pronto da bere, ma potete lasciarlo anche dormire fino ad una occasione speciale, ha l’aria di un vino eterno.

2005 botritys – Intensissimo il naso, le note della cinerea sono padrone (per ora) del campo. In sottofondo le spezie, la frutta gialla. bocca corrispondente, ottima la beva, sostenuta l’acidità. Lasciatelo dormire nell’angolo buono della cantina, almeno per 3/4 anni, svegliatelo quando avrete delle tome piemontesi stagionate a dovere.

Terminiamo con un sogno d’inverno… Una baita di alta montagna, fuori neve freddo e silenzio. Dentro un camino acceso. 2 rossi d’uovo, un cucchiaio colmo di zucchero. Montate fino ad ottenere una spuma quasi bianca. Aggiungete a filo 2 cucchiai di Sol. Cuocete a bagnomaria per 5/6 minuti. Versate in una ciotolina, servite subito. Dessert degno delle “Ricette Immorali” di Montalban, fate attenzione…

Testo di Marco Arturi, note di degustazione di Paolo Rusconi

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